Sul «Mons
aureus, Monte dell’oro o Monteloro», questo il nome che tuttora troviamo di
quella zona, si ergeva un tempietto pagano di cui si era trovato oltre ai muri
di fondazione romana un idoletto in arenaria raffigurante il dio Eros che
cavalcava un cane; in epoca cristiana, nel V-VI sec. quel tempio pagano fu
trasformato in una primitiva chiesa paleocristiana ed il luogo mantenne
l’antica denominazione latina «sancta ad planum» che indicavate un luogo sacro.
da Wikipedia: le colonne, i pochi resti del Battistero, di fronte alla Pieve |
Dopo
la trasformazione architettonica l’idolo pagano fu sostituito dalla reliquie di
un Santo senza nome e chiamato per questo il «Santo al piano»,
Sant’Appiano: un
nome abbastanza comune, derivato forse dalla famiglia degli Appi (in una mappa
catastale del secolo XV, dell’Archivio dell’Ospedale Degli Innocenti di
Firenze, riguardo ad una donazione di alcuni beni, la chiesa, il Battistero e
il piccolo Borgo sono indicati con la dizione italiana «Sant’Alpiano»,
Nota n. 4, pag. 43). La conferma
dell’esistenza di questo Santo viene confermata con il fortuito ritrovamento di
un diario, nel ripostiglio di unacucina, dal Pievano Pier Francesco di Guccio Gucci
da Firenze nell’anno 1611, e che si rivelò un importante documento storico: come
scriveva il Gucci «quello che si sapeva per tradizione dei vecchi, che fin
dalle origini là nell’Altare maggiore vi fosse il corpo di Sant’Appiano. Pag.
44.» trovando conferma nella realtà, quando «l’anno in cui morì Papa Clemente
VIII° (1605) il M. R. Messer Francesco Muzzi da Poggibonsi, Piovano di
Sant’Appiano, volendo dotare la chiesa di un altare più ricco e ornato, ordinò
la demolizione del vecchio altare».
Al
momento della demolizione fu redatto un documento sottoscritto da i presenti
tra i quali oltre i rappresentanti di Parroci, pievani e laici anche il pittore
Giovan Battista Rigetti, ideatore del nuovo altare, ritrascritto dal Gucci.
Nel
deposito, sotto l’altare, fu trovato «la cassa di legno commesso senza chiodi
né aguiti, avvolta in un candido lino, così come si diceva dai vecchi che fosse
la cassa delle reliquie di Sant’Appiano». «A contatto con l’aria il panno di
lino si annerì e si dissolse in polvere: le ossa erano raccolte, con al centro
il teschio. pag. 45/47». Dal diario del Gucci risulta che oltre il corpo del
Santo vi erano due cassettini pieni di reliquie con loro polizze e nomi e
infra le altre vi erano Capelli e Velo della Madonna, una Spina della Corona di
Nostro Signore dentro una boccia di Cristallo di Montagna il Teschio di S.
Policarpo V. M. Nota n. 7, pag. 44. L’altare era certamente della fine del
XII secolo, quando la chiesa fu distrutta dalla caduta del campanile il 28
maggio 1171. Finalmente il mistero del Santo senza nome venne svelato: probabilmente questo Pio uomo era andato per
le campagne, ancora rimaste legate al paganesimo, per portare la nuova novella.
da Wikipedia: uno dei capitelli con la figura del pastone del Pellegrino |
Dell’antica
Pieve romanica sono rimasti ben poche ma significative testimonianze perché
durante il terremoto del 1805 subì molti danneggiamenti e, come accade oggi
accadeva anche nel passato, il costo dell’opera di ristrutturazione era da chi
di competenza eccessivo, e si preferì la
demolizione fregandosene di eliminare un patrimonio unico; per fortuna della
sua struttura ci parla in una lettera inviata al Segretario di Stato Giuseppe
Pelli, datata 27 Ottobre 1779, Marco Lastri, nella quale descrive il Battistero
di Sant’Appiano fin nei minimi particolari, la lettera dice: «Di questo luogo vi rammento solo
l’antichissimo Battistero separato dalla detta Pieve e dirimpetto alla
medesima, siccome è il nostro S. Giovanni e quello di molte cattedrali e chiese
insigni. Questo è certamente uno dei più bei monumenti cristiani e merita egli
solo un viaggio di qualsiasi dilettante in siffatta erudizione. Egli è di
figura ottagona di pietre quadrate senza intonaco né dentro né fuori, e con due
piccole porte, una in faccia alla Pieve e l’altra che è la principale a
mezzogiorno. Nel mezzo del tempio, che nel suo interno è largo 17 braccia, è
collocato il Sacro Fonte di figura tonda al di fuori e nell’interno con quattro
semicerchi o pozzetti, a cui si sale per due gradini. Sopra di esso si solleva
una svelta cupoletta di figura conica sostenuta da quattro leggiadre colonne,
cischeduna composta di quattro metà e con i capitelli ove sono scolpiti diversi
geroglifici, come il Buon Pastore e la pecora, la colomba, il T e un cerchio
partito da due diametri. Il restante è una volta con lavagne al di fuori.
Dirimpetto
alla porta di mezzogiorno sono le tribune che occupano tre lati dell’ottagono
alle quali si sale per due scale laterali che terminano in un piano di poche
braccia nel mezzo del quale è un Altare isolato di figura quadra e sostenuto da
cinque colonnelli. Sotto l’accennato ripiano riesce una cappelletta mezza
sotterrata ad uso di confessione (sepoltura dei Martiri) secondo l’antico rito
cristiano. Nota n. 1, pag. 35».
La
descrizione appena fatta trova confermata dagli scavi condotti dall’Accademia
delle Belle Arti di Firenze in cui risultò che questo Battistero non era altro
che l’antica chiesa paleocristiana a pianta centrale di forma ottagonale, di
cui tre lati semicircolari costituivano il presbiterio trìcoro (tre absidi
grandi uguali), indipendente dal resto della chiesa, con l’altare del coro
centrale sopraelevato sotto del quale si trovava la confessione,cioè il sepolcro
di chi è dedicata la chiesa
da Wikipedia: un capitello con due Croci |
Si è
ipotizzato che la scelta del trìcoro sia a simboleggiare il cammino che l’uomo
fa partendo dal Battesimo fino all’Eucarestia essendo questo distante dalla
Vasca o Piscina Battesimale (la cui forma era in relazione ad un concetto
simbolico. Nella forma quadrata e rettangolare si rievocavano la tomba di
Cristo, i quattro Evangelisti, la quattro parti del mondo, le quattro lettere
del nome di Dio in ebraico, JAVE’; nella forma a croce, la morte del Redentore
che allude alla morte del peccato nel battesimo; la forma poligonale o
circolare a simboli cosmici. Nota n. 24 pag. 54.) collocata al centro dell’ottagono, figura
geometrica che, secondo S. Ambrogio allude all’ottavo giorno del dramma della
Passione di Gesù, il giorno della Resurrezione (da nota 24 pag. 54), posta
sotto la cupola che è sorretta da quattro pilastri cruciformi presso la porta a
mezzogiorno.
Incisi
sopra i capitelli di questi pilastri troviamo figure che ci riportano alle
verità del Credo: il triangolo equilatero, tre cerchi uguali disposti a
triangolo simboleggiano l’unità di Dio nella natura e della Trinità nelle
persone; il triangolo equilatero diviso a metà, la doppia natura di Gesù; il Tau
(il bastone del pellegrino fa supporre che in quei luoghi ci fosse il passaggio
di questi, dato la vicinanza can la Via
Francigena), la croce di Sant’Andrea e la croce ancorata, il
Mistero della Salvezza; la città chiusa in una cerchia di torri e di mura, la Città celeste; l’ibrido dal
volto e ali di rapace e con il corpo e le zampe di leone e coda di serpente, le
virtù della Sapienza, Fortezza e Prudenza.
Tra
i simboli che non sono più visibili, il Lastri ci racconta che c’erano anche il
Pastore, la pecora e la colomba, tutte immagini che ci riportano ai primi
influssi del cristianesimo.
Anche
se attualmente questo monumento non è visibile tranne che in pochi resti,
leggendo la lettera che questo signore ha scritto con tanto entusiasmo,
possiamo, se ancora ci è rimasto un po’ d’immaginazione, ricostruire l’edificio
guardando in loco le poche ma interessanti vestigia.
Bibliografia
Sant’Appiano,
Un’antica pieve in Val d’Elsa, Associazione comunale area fiorentina, Atti e
documenti/19, Firenze 1987
di Chiara ed Enzo Sacchetti
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