giovedì 30 aprile 2015

Le compagnie fiorentine



Sono state molte le Compagnie che attraverso i secoli si sono sviluppate in Firenze, ma vi parlerò soltanto di tre che sono tra le più antiche e,a mio parere, più interessanti. Le notizie al riguardo sono tratte principalmente da “Deo Gratia”.


COMPAGNIA di SAN FREDIANO detta la BRUCIATA
La compagnia di San Frediano,detta della Bruciata, fu fondata con lo scopo di esercitare la carità il primo Gennaio 1323,e nel 1376 introdusse una consuetudine che gli avrebbe avvalso questo soprannome”Bruciata; infatti per la festa del Patrono,San Frediano vescovo di Lucca,che è il 18 Novembre veniva dato a ciascuno dei confratelli una coppa di castagne arrostite. La Confraternita si riuniva al lato della vecchia chiesa di San Frediano.Il Richa però, posticipa di un secolo questa tradizione affermando che l’evento è il risultato di un testamento elargito da Lorenzo di Bartolommeo del Passera il quale lasciò oltre questa usanza altre cose  e fondo la cappella di San Lorenzo nel 1490.
Lo stemma era,in campo argento con una croce rossa nascente dalla punta dello scudo,e ai lati le lettere S F (San Frediano) di colore uguale.
Dai capitoli della Compagnia,12 aprile 1489 sappiamo che veniva guidata da sei Capitani e quattro Consiglieri, e tutti e dieci non potevano avere un età inferiore di trent’anni. Gli altri Ufficiali erano; due Provveditori e tre Camerlenghi (due dei quali addetti a visitare gli ammalati) e due Sindaci che dovevano essere “persone vive”, cioè, sveglie, saper leggere, scrivere e far di conto; anche questi non potevano avere un età inferiore ai trent’anni. Rilevante appare la figura del Notaio, che riceva annualmente grandissimi doni in natura.

martedì 21 aprile 2015

La chiesa di San Miniato al Monte



La storia
San Miniato è considerato il primo martire fiorentino, giustiziato nel 250 d.C. Secondo la leggenda dopo essere stato decapitato, avrebbe preso la sua testa fra le braccia e, attraversando l’Arno, si sarebbe diretto verso il Mons Florentinus, dove sarebbe crollato in un piccolo cimitero; qui adesso sorge la basilica a lui dedicata. Ecco cosa racconta il Drogone riguardo alla sorte di Miniato: «[...] Troncatogli il santissimo capo, con felice destino ebbe la sventura di passare dalla mortale alla vira eterna. Il corpo del beatissimo martire, alzatosi dal luogo del supplizio e prendendo tra le sacre braccia il capo mozzo, accompagnato da un corteggio di angeli salì il monte sul quale, prima della sua passione, era solito servire Dio onnipotente; e qui con chiarissimo e ammirevole proposito disse di voler attendere il giorno dell’ultimo giudizio».
Prima dell’attuale costruzione religiosa era presente una chiesuola accanto ad una cella, come lo stesso Davisohn  ritiene, eretta sulla tomba del santo dopo il riconoscimento del cristianesimo nel 392 d.C. con l’Editto di Teodosio. Il corpo del martire, infatti, era stato seppellito da alcuni compagni sfuggiti alla persecuzione ed era diventato luogo di devozione. Sappiamo, inoltre, che nel 781 Carlo Magno insieme alla moglie Ildegarda vi fece visita e che la donna, mediante delle preghiere, ricevette delle grazie. A quel luogo lo stesso sovrano restò molto legato, tanto che in un documento successivo (non sappiamo bene se nell’anno della morte della consorte nel 783 o tre anni dopo) fece dei lasciti alla chiesa: «Carlo per grazia di Dio re di Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, a tutti i nostri fedeli presenti e futuri. [...]

martedì 14 aprile 2015

Le due chiese di San Frediano



Narra una leggenda che San Frediano, dovendo attraversare l’Arno per recarsi alle reliquie di San Miniato, lo avesse trovato in piena; chiese così aiuto a dei barcaioli, ma questi si rifiutarono. Il Santo disse loro di non avere paura, così questi accettarono e per miracolo riuscirono ad oltrepassare il fiume. In seguito in questo luogo fu edificata una chiesa in suo onore.

da Wikipedia: Chiesa di San Frediano in Cestello, posta nell'omonima piazza

La prima Chiesa di San Frediano, ora scomparsa
La prima chiesa dedicata al Santo si trovava in piazza San Friano (l’attuale piazza del Carmine), a sinistra entrando da Borgo San Frediano, venendosi così a trovare al di fuori della cerchia muraria; nel 1284, con l’ampliamento della città dell’architetto Arnolfo di Lapo, la chiesa sarebbe dovuta rientrare nel perimetro cittadino, ma l’assedio di Arrigo VII fece ritardare i lavori delle mura che furono completate 50 anni dopo. Nella veduta del 1550

mercoledì 8 aprile 2015

La chiesa di Santa Maria del Carmine



La costruzione
Dedicata alla Beata Vergine del Carmelo, l’antica chiesa fu iniziata nel 1268 come parte del convento carmelitano. L’ordine religioso arrivò a Firenze intorno al 1260 e nel 1267 ricevette da Avegnene Vernaccia nelle mani di Frate Matteo, priore provinciale dei Carmelitani, 300 fiorini e 6 staia del terreno posto nella Parrocchia di San Frediano e una casa: il dono era, infatti, il lascito testamentario del marito della donna, Cione Tifa di Ranieri Vernaccia, probabilmente come pagamento di indulgenza.
Sabato 30 giugno 1268 fu benedetta la prima pietra della costruzione, «que edifucatur ad honorem beate Virginis Marie de monte Carmeli in parrochia ecclesie sancti Fridiani extra  muros civitatis iuxta ipsos muros» (Indizione 11a, documento del Convento del Carmine, Archivio di Stato di Firenze, Fondo Diplomatico, Conventi soppressi, 113).
La realizzazione dell’attuale basilica è il risultato di molti interventi che ebbero luogo nei secoli successivi. Fra il 1328 e il 1330 il comune concesse l’uso del terreno adiacente la quinta cerchia di mura, prima la parte che andava da via Sitorno (ora via della Chiesa) alla porta del Carmine e poi quella fino alla porta vecchia di San Frediano. La vendita del terreno  fu fatta ad un costo piuttosto basso data la scarsa possibilità economica dei frati: da alcuni documenti sappiamo che in quel periodo non erano ancora iniziati i lavori per la croce e che fino al 1390 non esisteva alcuna cappella. Nel 1422 Amerigo Corsini, primo arcivescovo della città, su domanda di Francesco Tommaso Soderini, consacrò la chiesa, benché non fosse ancora «ridotta alla totale perfezione».

giovedì 2 aprile 2015

Lo scoppio del Carro e le pietre del Santo Sepolcro



Leggenda e verità di un'antica tradizione fiorentina

Più o meno tutti, anche quelli che non sono fiorentini, conoscono lo Scoppio del Carro, la tradizionale manifestazione fatta davanti al sagrato del Duomo per il giorno di Pasqua, in cui una colombina, partendo dall'altare della Basilica, spinta da un po' di polvere da sparo, arriva al carro accendendolo e dando avvio ad uno spettacolo pirotecnico, per poi tornare da dove era partita: si dice che se il "viaggio" è senza intoppi il raccolto per quell'anno sarà buono, al contrario, se è interrotto e si ferma, ci sarà magra.
Non ci si deve meravigliare che queste cerimonie abbiamo una valenza sociale legata all'agricoltura, il raccolto era una degli aspetti più importanti della vita, anche nel non tanto lontano passato, e da esso dipendeva il prosieguo della società, così le popolazioni cercavano di ingraziarsi Madre Natura e di prevedere cosa sarebbe accaduto.
Ma da dove nasce questa tradizione? La leggenda racconta che Pazzino de' Pazzi, reduce della Prima Crociata in Terra Santa, fosse tornato con le pietre del Santo Sepolcro e che per festeggiarlo vista la sua impresa leggendaria, i fiorentini avessero costruito per lui un carro su cui trasportarlo in trionfo per la città. All'epoca degli eventi, si raccontava infatti che l'uomo, sotto la guida di Goffredo da Buglione, fosse stato a capo di un folto contingente fiorentino e che fosse stato il primo ad entrare a Gerusalemme issandovi il vessillo crociato. Per questa sua azione Goffredo gli avrebbe conferito la «corona murale», un aureo riconoscimento di origine romana che spettava a colui che per primo aveva varcato le mura nemiche, il diritto di fregiarsi del proprio stemma (ossia cinque croci e due delfini in campo azzurro) e tre piccole pietre appartenenti al Santo Sepolcro.