giovedì 2 aprile 2015

Lo scoppio del Carro e le pietre del Santo Sepolcro



Leggenda e verità di un'antica tradizione fiorentina

Più o meno tutti, anche quelli che non sono fiorentini, conoscono lo Scoppio del Carro, la tradizionale manifestazione fatta davanti al sagrato del Duomo per il giorno di Pasqua, in cui una colombina, partendo dall'altare della Basilica, spinta da un po' di polvere da sparo, arriva al carro accendendolo e dando avvio ad uno spettacolo pirotecnico, per poi tornare da dove era partita: si dice che se il "viaggio" è senza intoppi il raccolto per quell'anno sarà buono, al contrario, se è interrotto e si ferma, ci sarà magra.
Non ci si deve meravigliare che queste cerimonie abbiamo una valenza sociale legata all'agricoltura, il raccolto era una degli aspetti più importanti della vita, anche nel non tanto lontano passato, e da esso dipendeva il prosieguo della società, così le popolazioni cercavano di ingraziarsi Madre Natura e di prevedere cosa sarebbe accaduto.
Ma da dove nasce questa tradizione? La leggenda racconta che Pazzino de' Pazzi, reduce della Prima Crociata in Terra Santa, fosse tornato con le pietre del Santo Sepolcro e che per festeggiarlo vista la sua impresa leggendaria, i fiorentini avessero costruito per lui un carro su cui trasportarlo in trionfo per la città. All'epoca degli eventi, si raccontava infatti che l'uomo, sotto la guida di Goffredo da Buglione, fosse stato a capo di un folto contingente fiorentino e che fosse stato il primo ad entrare a Gerusalemme issandovi il vessillo crociato. Per questa sua azione Goffredo gli avrebbe conferito la «corona murale», un aureo riconoscimento di origine romana che spettava a colui che per primo aveva varcato le mura nemiche, il diritto di fregiarsi del proprio stemma (ossia cinque croci e due delfini in campo azzurro) e tre piccole pietre appartenenti al Santo Sepolcro.
A Firenze Pazzino, fu così accolto in modo trionfale e i pezzi di pietra posti prima nella chiesetta di S. Maria sopra Porta, ampliata e dedicata poi a San Biagio e infine soppressa nel 1785, e successivamente trasferiti in quella dei Santissimi Apostoli dove tuttora sono conservate. A Gerusalemme era usanza per i crociati recarsi il Giovedì Santo nella chiesa della Resurrezione dove in preghiera consegnavano a tutti quelli che vi partecipavano il fuoco benedetto in segno di purificazione dei peccati. Così il ritorno di Pazzino introdusse a Firenze il costume per il Sabato Santo di recarsi in Duomo e dal fuoco benedetto che ardeva accendere una fecellina, ossia una piccola torcia, con cui portare il fuoco sacro nelle case dei fiorentini, spente in segno di lutto dall'imbrunire del Giovedì Santo. Piano piano la celebrazione diventò sempre più articolata, fino a far trasportare il fuoco in un carro, dove, su di un tripode, ardevano i carboni infuocati e durante il Pontificato di Leone X (della famiglia de' Medici) fu aggiunta anche la colombina con un ramoscello di ulivo nel becco. L'abitudine è rimasta in voga da allora, tramandata di generazione in generazione, dalla famiglia Pazzi, da quella dei Medici, dalla Repubblica Fiorentina e infine dal Comune della città.

Il tradizionale Scoppio del Carro nel giorno di Pasqua

Ma cosa c'è di vero in questa storia? Purtroppo poco. La prima è che non ci sono documenti che comprovano la partecipazione immediata dei fiorentini alla Prima Crociata, ma solo a partire dall'anno successivo, cosa che renderebbe impossibile il primato di Pazzino di aver varcato le mura nemiche. La seconda, molto più importante, è che nel Santo Sepolcro, né tanto meno nelle zone attigue, non c'è traccia di alcuna pietra focaia, bensì solo sul Monte Uliveto. La possibilità che quelle schegge siano in realtà un'invenzione della famiglia Pazzi è piuttosto alta, tanto più che lo stesso Palazzo Vecchio è costruito con questo tipo di pietra. E perfino la scelta dello stemma da parte di questa famiglia è motivo di controversia: alcuni storici affermano che cambiò il suo antico stemma (tre lune rosse e tre turchine in campo bianco), non in seguito alla concessione del Buglione, bensì da quella concessogli dai duchi di Berry, dopo la campagna angioina in Italia meridionale nel 1266.
Che dire? Il fascino e la suggestione di sì tanto spettacolo restano, e l'evento è seguito da fiorentini e turisti accalcati nella speranza di vedere qualcosa e anche in diretta dalle televisioni. Ma quello che più conta è che il tragitto della colombina sia senza intoppi... anche perché non si sa mai... come si dice a Firenze "Meglio aver paura che buscarne"... nel lontano 1966, anno dell'alluvione, il dolce bianco uccellino ebbe notevoli problemi durante il suo viaggio... ed è bene che non si ripeta!

di Chiara Sacchetti

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