La
storia
San Miniato è
considerato il primo martire fiorentino, giustiziato nel 250 d.C. Secondo la
leggenda dopo essere stato decapitato, avrebbe preso la sua testa fra le
braccia e, attraversando l’Arno, si sarebbe diretto verso il Mons Florentinus, dove sarebbe crollato
in un piccolo cimitero; qui adesso sorge la basilica a lui dedicata. Ecco cosa
racconta il Drogone riguardo alla sorte di Miniato: «[...] Troncatogli il
santissimo capo, con felice destino ebbe la sventura di passare dalla mortale
alla vira eterna. Il corpo del beatissimo martire, alzatosi dal luogo del
supplizio e prendendo tra le sacre braccia il capo mozzo, accompagnato da un
corteggio di angeli salì il monte sul quale, prima della sua passione, era
solito servire Dio onnipotente; e qui con chiarissimo e ammirevole proposito
disse di voler attendere il giorno dell’ultimo giudizio».
Prima dell’attuale costruzione
religiosa era presente una chiesuola accanto ad una cella, come lo stesso
Davisohn ritiene, eretta sulla tomba del
santo dopo il riconoscimento del cristianesimo nel 392 d.C. con l’Editto di
Teodosio. Il corpo del martire, infatti, era stato seppellito da alcuni
compagni sfuggiti alla persecuzione ed era diventato luogo di devozione.
Sappiamo, inoltre, che nel 781 Carlo Magno insieme alla moglie Ildegarda vi
fece visita e che la donna, mediante delle preghiere, ricevette delle grazie. A
quel luogo lo stesso sovrano restò molto legato, tanto che in un documento
successivo (non sappiamo bene se nell’anno della morte della consorte nel 783 o
tre anni dopo) fece dei lasciti alla chiesa: «Carlo per grazia di Dio re
di Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, a tutti i nostri fedeli presenti
e futuri. [...]
sappia ciascuno di voi ciò che per amor di Dio e di San Miniato, e in suffragio dell’anima della mia direttissima consorte Ildegarda, diamo in elemosina alla basilica del predetto martire di Cristo, Miniato, posta in Firenze, dove riposa il suo venerabile corpo, e di cui è custode il sacerdote Aderiso: cioè quattro case che appartengono alla nostra città di Firenze, una masseria situata nel territorio cittadino di cui è massaro Fuscolo con i suoi fratelli e la sua famiglia, e tre altre alderizie, [...]» (dal doc. di donazione di Carlo Magno).
sappia ciascuno di voi ciò che per amor di Dio e di San Miniato, e in suffragio dell’anima della mia direttissima consorte Ildegarda, diamo in elemosina alla basilica del predetto martire di Cristo, Miniato, posta in Firenze, dove riposa il suo venerabile corpo, e di cui è custode il sacerdote Aderiso: cioè quattro case che appartengono alla nostra città di Firenze, una masseria situata nel territorio cittadino di cui è massaro Fuscolo con i suoi fratelli e la sua famiglia, e tre altre alderizie, [...]» (dal doc. di donazione di Carlo Magno).
I lavori dell’attuale
basilica iniziarono nel 1018 con l’atto di fondazione del vescovo Ildebrando
che comunicava al clero e ai fedeli il suo intento, data la rovinosa condizione
dell’edificio. Nel documento l’uomo riferisce la presenza dei resti di Miniato,
che, però, in realtà erano stati traslati a Mets circa cinquant’anni prima,
ed è per questo ragionevole pensare che
le ossa di cui parla il vescovo fiorentino fossero in realtà quelle del primo
cimitero cristiano. L’opera terminò circa duecento anni dopo: inizialmente si
stabilirono i benedettini, poi i cluniacensi e infine gli olivetani, tuttora
presenti.
Edifici
annessi alla Chiesa
Sulla sinistra si può
intravedere il campanile del XV secolo, ricostruito in virtù di quello caduto
nel 1499, ma rimasto incompiuto a causa dell’assedio della città del 1529
quando, su suggerimento di Michelangelo, fu ricoperto di materassi e balle di
lana e usato come base per due cannoni contro le truppe di Carlo V. Conclusa la
guerra contro la Spagna,
la costruzione riprese per terminare nel 1535, anche se la sua forma resta decisamente
troppo abbozzata per dare la sensazione di essere stato ultimato. Agli inizi
del secolo scorso, vista la sua precaria stabilità, iniziarono i lavori di
restauro che terminarono intorno agli anni ’30, quando furono rifatte le
quattro campane.
La costruzione si sviluppa,
anche, grazie al Palazzo dei Vescovi, le fortificazioni e il cimitero
monumentale che ospita le spoglie di numerose personalità fra cui la Cappella di famiglia di
Amerigo Vespucci e di Spadolini. La realizzazione del Palazzo, a spese del
monsignor Andrea dei Mozzi, vescovo di Firenze, fu completata alla fine del
XIII secolo e doveva servire come residenza estiva per i porporati fiorentini;
in seguito divenne Convento, Ospedale e Casa dei Gesuiti. Nel 1553 venne usato
come caserma per le truppe al servizio di Cosimo I subendo anche molti danni;
qualche anno più tardi fu annesso al Convento Benedettino, mentre nel secolo
successivo usato come lazzaretto per i malati. Agli inizi del ‘900 iniziarono
le opere di restauro che durarono circa una trentina d’anni.
Per quanto riguarda le
fortificazioni, queste furono costruite nel XVI secolo quando, per la potenza
dei Medici e per la posizione strategica, la zona fu trasformata in fortezza e
i monaci furono costretti ad abbandonare il convento. Tornarono solo nel XIX
secolo, periodo in cui fu anche costruito il cimitero delle Porte Sante.
da Wikipedia: facciata della chiesa di San Miniato al Monte |
La
basilica
È uno dei più belli
esempi di romanico fiorentino. Si estende su tre navate e su tre livelli,
particolarità che rende la chiesa alquanto singolare e quasi unica. Da notare
questa ripetitività del numero tre che in Dante assume un valore mistico e che
sembra spiegato teologicamente come una dimensione razionalmente organizzata.
Secondo lo storico
Carocci esisteva un’altra chiesa dedicata a San Miniato (San Miniato fra le
Torri) «che sorgeva in una piazza a lei dedicata ed oggi è scomparsa insieme
all’edificio ecclesiastico, entrambi inglobati nell’area delle moderne costruzioni
della Posta Centrale. La chiesa, di cui abbiamo notizia documentaria per l’anno
1046, fu forse fondata dal capostipite germanico della nobile famiglia degli
Strozzi, di nome Drozze, nel IX secolo. Tale famiglia ne ebbe il patronato per
molti secoli, e numerosi suoi consorti vi furono sepolti. Venne soppressa nel
1785 e la cura d’anime annessa a quella di San Michele e Gaetano».
La facciata
Iniziata nel XI secolo,
è realizzata con il marmo bianco di Carrara e verde di Prato del XII e XIII
secolo ed è divisa in due livelli. La parte inferiore è decorata con cinque
arcate a tutto sesto sorrette da colonne in serpentino con basi e capitelli
corinzi, richiamo alle basiliche paleocristiane. La parte superiore , oltre
allo stesso fregio, ha un mosaico risalente al XII secolo e raffigurante il
Cristo in trono benedicente fra la
Madonna e San Miniato. Sotto al mosaico possiamo vedere
un’edicola, cioè una finestra incorniciata da due colonne sorrette da teste di
leone marmoree. I due frontoni laterali sono decorati con figure geometriche
che unite fra loro da tarsie di forma romboidale alludono all’opus reticolarum, ossia la tessitura
muraria tipica dell’età imperiale. Il frontone superiore riprende il tema della
parte inferiore con una serie di nove archi sormontati da una croce e da una
candelabre (un motivo ornamentale che raffigura una pianta, di solito il fiore
dell’agave, che si sviluppa normalmente in verticale). In cima, al posto della più
usuale croce, c’è un’aquila che ricorda l’Arte di Calimala, amministratrice del
convento dal 1288. L’intera facciata ha ispirato l’Alberti per quella della
Chiesa di Santa Maria Novella, e nell’800 per quelle del Duomo e di Santa
Croce.
da Wikipedia: interno della chiesa di San Miniato al Monte |
Il piano terra
Il pavimento centrale è
fregiato di intarsi in marmo che riproducono segni geometrici e animali simbolici:
fra questi spicca la ruota dello zodiaco molto simile a quella del Battistero. Alle pareti si possono osservare
resti di affreschi del XII e del XIII secolo. In fondo possiamo ammirare
l’Edicola d’Altare, commissionata da Piero de’ Medici a Michelozzo come
custodia del venerato Crocifisso, ora in Santa Trinita: la volta in maiolica è
opera di Luca della Robbia, mentre sulla parete centrale si trova una tavola
del XIV secolo di Agnolo Gaddi rappresentante San Giovanni Gualberto, San
Miniato ed episodi evangelici.
A sinistra troviamo la Cappella di San Giacomo o
“del Cardinale del Portogallo”, edificata secondo la tradizione da Antonio
Manetti, allievo di Brunelleschi, ma in realtà progettata da Antonio e Bernardo
Rossellino (come confermano i pagamenti) per Jacopo di Lusitania, cardinale
arcivescovo morto a Firenze il 27 agosto 1459. Vespasiano da Bisiticci,
umanista e scrittore del 1400, scrive come fu lo stesso religioso, che sentiva
avvicinarsi la fine, a chiedere la sepoltura nella chiesa; l’esecuzione
testamentaria fu curata da Àlvaro Afonso, vescovo di Silves, e successivamente
dal vescovo di Evora: i soldi dell’arcivescovo coprivano solo in parte le spese
per la sepoltura e per questo i parenti si occuparono di pagare tutti i debiti.
La volta è decorata con cinque tondi di Luca della Robbia (1461-64) che
rappresentano lo Spirito Santo e le virtù cardinali, un dipinto a fresco di
Alessio Baldovinetti, una tavola di Antonio e Piero del Pollaiolo (si tratta di
una copia mentre l’originale si trova agli Uffizi) e altri affreschi
rappresentanti Angeli volanti. Il monumento funebre del Cardinale è opera di
Antonio Rossellino.
Telemaco Signorini, Interno di San Miniato, 1861 |
La cripta
Posta sotto il
Presbiterio, vi si arriva attraverso una scalinata centrale dietro l’altare inferiore.
È la parte più antica dell’edificio risalente al XI secolo. Nell’altare sono
conservate delle ossa attribuite al Santo, anche se sappiamo che il corpo era
già stato traslato a Metz prima della costruzione della basilica. Il soffitto
presenta archi sorretti dalle 38 colonne che suddividono la cripta in sette
piccole navate (tre navate centrali e quattro laterali); su queste volte si
possono osservare gli affreschi di Santi e Profeti dipinti da Taddeo Gaddi nel
1341. Le rifiniture delle colonne invece sono di varia fattura e materiali
diversi (marmo scanalato, marmo liscio, pietra serena e cotto), mentre sui
capitelli sono ancora presenti tracce del color oro; alcune di queste sono di
origine romana, probabilmente prese dal Campidoglio. La cancellata è del 1338.
Il piano superiore
Vi si può accedere
grazie a due ampie scalinate laterali e vi hanno trovato luogo il presbiterio
con il suo pulpito romanico del 1207 e il coro con poltrone di legno
intarsiato. Sul soffitto si trova un mosaico raffigurante il Cristo affiancato
dalla Madonna e dai santi, molto simile a quello del Battistero. Gli fanno da
cornice due quadrati iscritti in un cerchio: all’interno è possibile vedere
l’immagine del sole stilizzato circondato dai segni delle costellazioni a
rappresentare la congiunzione del cielo con la terra (nella simbologia sacra il
cerchio era legato al cosmo, mentre il quadrato significava la terra e anche lo
spazio-tempo). Queste immagini sembrano significare la consapevolezza che il
cielo e la terra sono collegati e che quello che accade in una dimensione
influenza l’altra e viceversa.
A destra si accede alla
Sacrestia, completamente ricoperta sulle pareti da affreschi raffiguranti le
Sedici storie della leggenda di San Benedetto di Spinello Aretino e commissionata
da Benedetto degli Alberti. Sul soffitto, invece, sono dipinti i quattro
evangelisti.
di Chiara ed Enzo Sacchetti
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