Sono state molte le Compagnie che attraverso i secoli si
sono sviluppate in Firenze, ma vi parlerò soltanto di tre che sono tra le più
antiche e,a mio parere, più interessanti. Le notizie al riguardo sono tratte
principalmente da “Deo Gratia”.
COMPAGNIA di SAN FREDIANO detta la
BRUCIATA
La compagnia di San Frediano,detta della Bruciata, fu fondata
con lo scopo di esercitare la carità il primo Gennaio 1323,e nel 1376
introdusse una consuetudine che gli avrebbe avvalso questo soprannome”Bruciata;
infatti per la festa del Patrono,San Frediano vescovo di Lucca,che è il 18
Novembre veniva dato a ciascuno dei confratelli una coppa di castagne
arrostite. La
Confraternita si riuniva al lato della vecchia chiesa di San
Frediano.Il Richa però, posticipa di un secolo questa tradizione
affermando che l’evento è il risultato di un testamento elargito da Lorenzo di
Bartolommeo del Passera il quale lasciò oltre questa usanza altre cose e fondo la cappella di San Lorenzo nel 1490.
Lo stemma era,in campo argento con una croce rossa nascente
dalla punta dello scudo,e ai lati le lettere S F (San Frediano) di colore
uguale.
Dai capitoli della Compagnia,12 aprile 1489 sappiamo che
veniva guidata da sei Capitani e quattro Consiglieri, e tutti e dieci non
potevano avere un età inferiore di trent’anni. Gli altri Ufficiali erano; due Provveditori e tre Camerlenghi
(due dei quali addetti a visitare gli ammalati) e due Sindaci che dovevano
essere “persone vive”, cioè, sveglie, saper leggere, scrivere e far di conto;
anche questi non potevano avere un età inferiore ai trent’anni. Rilevante appare la figura del Notaio, che riceva
annualmente grandissimi doni in natura.
Le tornate avvenivano ogni prima domenica del mese e le altre festività principali e naturalmente la ricorrenza del sodalizio la cui festa avveniva nell’attuale piazza del Carmine dove si venerava un Dito del Santo.
Le tornate avvenivano ogni prima domenica del mese e le altre festività principali e naturalmente la ricorrenza del sodalizio la cui festa avveniva nell’attuale piazza del Carmine dove si venerava un Dito del Santo.
Il 15 marzo 1368 la Compagnia di San Frediano ottenne dal Comune il
privilegio di usufruire di uno sconto sulle tasse da pagare.
In antico ogni sera nella chiesa venivano cantate delle
laude da cantori specializzati sotto l’attenta guida di esperti confratelli, i
quali potevano licenziare i cantori se non cantavano bene, in un documento
troviamo che “teneva la
Compagnia salariate n. 6 persone, detti Laudieri di buona
voce, e di buon canto...”.
I confratelli non dovevano indossare nessuna veste in particolare,
cosa che avveniva in altre Compagnie, e soltanto il Servo doveva mettersi una
veste turchina quando gli Ufficiali si riunivano.
La compagnia di San Frediano possedeva molti beni mobili e
immobili ed elargiva denaro ai più bisognosi, limitando l’assistenza al
gonfalone d’appartenenza, cioè quello del Drago nel quale era presente una
diffusa povertà.
A questa Compagnia appartennero persone di alto livello
come: Cavalcanti, Ubaldini, Portinari, Capponi, Antinori e il senatore Alfonso
Popoleschi; in una relazione del 1783 notiamo che era composta da ottocento
persone fra cittadini di tutte le classi sociali.
Il sodalizio fu soppresso il 21 marzo del 1785.
COMPAGNIA di SANTA MARIA delle LAUDI E di SANT’AGNESE
Il sodalizio di questa compagnia ha inizio circa nel 1248
quando nel Carmine fu istituito una compagnia di stendardo(è detta di stendardo
una compagnia religiosa paramilitare che si riunisce sotto un’insegna pendente
da un’asta orizzontale,detto appunto stendardo).
Questa Compagnia fu costituita per rendere onore alla
Madonna con canti sacri e per compiere opere di pietà, ma essenzialmente per
combattere l’eresia:
In seguito possiamo apprendere da documentazione storica che
questi confratelli (uomini e donne) andavano in giro segnati da una Croce
bianca e rossa sulla spalla destra e seguire lo stendardo della Santa
Inquisizione, aiutandola ad estirpare l’eresia e gli eretici.
In definitiva questa confraternita era sorta, come quella
del Bigello come difesa armata della fede (queste associazioni si chiamavano
Sociates Fidei).
Dopo che furono debellati gli eretici, svolsero altri compiti; il
Bigello si dedicò all’assistenza dei malati, mentre i Laudesi si dedicarono
alla preghiera, specialmente cantata e prevalentemente rivolta alla Vergine,
con l’aiuto di insegnanti di laudi, i quali istruivano i fratelli cantori.
I membri di questo sodalizio si riunivano frequentemente
nella chiesa del Carmine per cantare le laudi, dando origine nel 1264 alla
Compagnia di Santa Maria delle Laudi del Carmine.
La Compagnia, nel 1269 si fuse
con la Compagnia
di Sant’Agnese, che anch’ella aveva sede nella chiesa, e precisamente
all’inizio della navata sinistra fra il primo e il secondo altare in una
cappella.
Da quel momento le due Compagnie assunsero un unico nome,
cioè Compagnia delle Laudi di Santa Maria e di Sant’Agnese e il nuovo sodalizio
prese come Patrona Sant’Agnese Vergine e Martire (forse decapitata nel IV
secolo a soli quattordici anni) festeggiandola il 21 gennaio o la domenica
successiva, esponendo la reliquia della Santa, cioè il suo piede.
Nel 1280 fu commissionato da parte della confraternita un
quadro raffigurante la Vergine,
San Giovanni Battista e Sant’Agnese, sempre nello stesso anno chiesero al
Priore del Carmine un luogo per la sepoltura dei confratelli, e gli fu concesso
una zona della chiesa presso l’uscita.
Lo stemma dell’associazione aveva una croce patente rossa in
campo argentato con le lettere nere S M—S disposte due a due nei cantoni del
capo e della punta.
La confraternita era guidata due Capitani (poi sei) aiutati
da un Consiglio di sei membri di cui facevano parte i due Camarlinghi e da un
altro Consiglio composto da otto membri; anche un religioso (il Correttore)
faceva parte della confraternita detto (lo frate nostro) che testimoniava
l’unione della confraternita con i frati del Carmine e nel 1289 furono
incaricati di organizzare il Concilio Provinciale e la Compagnia offrì un pasto
completo agli intervenuti.
La compagnia divenne famosa per la scenografia delle
rappresentazioni sacre che con marchingegni riuscivano a sospendere in aria
angeli e per la pittura degli sfondi.
La rappresentazione del 1439 fu ideata da Filippo
Brunelleschi, in un'altra occasione l’architetto Francesco d’Angelo detto
“Cecca” rappresentò la salita di Cristo in Cielo come ci conferma il Richa.
Fra i suoi Capitani ebbe Lorenzo il Magnifico e molti
Soderini e fra i confratelli artisti come Andrea del Castagno e Tommaso Guidi
detto Masaccio.
Nella chiesa del Carmine si riunivano anche altre Compagnie
come quella della Frusta, di San Niccolò di Bari, di Sant’Alberto Nero, detta
dell’Osso ed altre.
Anche questa Confraternita fu soppressa anche se nel 1783, i
suoi iscritti erano 1500.
COMPAGNIA di SANTA MARIA Della CROCE al TEMPIO detta dei NERI
La
Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio ebbe il suo
inizio da quando alcuni giovinetti della parrocchia di San Simone si riunirono
sin dal 1343 a
venerare una Madonna dipinta in un tabernacolo.
Nel 1356, i confratelli decisero di costruire uno ospedale e
di far visita ai carcerati delle Stinche, aiutare le partorienti e confortare i
condannati a morte.
La
Repubblica Fiorentina nel 1361 donò alla congregazione un
appezzamento di terra per stabilirvi la sede, fuori la porta San Francesco,
detta anche Porta Reale, vicino al Prato della Giustizia (zona piazza
Beccarla); l’appezzamento di terreno era nominato il “Tempio”, perché era
ricordato che in quel luogo sorgeva una mansione dei Cavalieri Templari e uno
Spedale per i pellegrini amministrato da questi; il termine fu adottato dalla
Confraternita.
Sopra questo terreno fu costruita una cappella perché i
condannati potessero ascoltare l’ultima messa, e un cimitero per accogliere i
loro resti dato che fino ad allora, dopo l’esecuzione, il condannato non poteva
essere sepolto in un luogo consacrato e perciò il suo corpo veniva consegnato
al carnefice e probabilmente usato a scopo di studio.
In antico la porta San Francesco era chiamata di San Candida,
e un proverbio fiorentino per indicare disperazione diceva “Essere tra le
forche e San Candida”.
Un forte aiuto per la costruzione dell’ospedale, fu
l’eredità che nel 1428 Simone Buonarrota “antenato di Michelangelo Buonarroti”
lasciò alla Compagnia, e già nel 1424 esisteva una costruzione dedicata
all’assistenza dei condannati da parte dei Neri; chiamati così per il colore
della veste.
Lo stemma della Compagnia era una croce rossa nascente con
alla destra la lettera M di nero con una S rossa, e a sinistra una T tutte con
i simboli di abbreviazione in rosso in campo bianco.
Anche se la
Compagnia era una sola, esisteva una certa autonomia che
distingueva la Compagnia Grande
del Tempio e la sezione dei Neri, infatti quest’ultimi erano un gruppo di cinquanta
uomini di età superiore ai trent’anni di cui dodici detti “Beneficiati”; cioè
coloro che anticamente avevano avuto in famiglia, Gonfalonieri di Giustizia,
Signori o dei Quarantotto, e gli altri trentotto dovevano abitare in Firenze o
nell’immediato contado, e tutti avevano lo specifico scopo di assistere i
condannati fino al momento della loro esecuzione.
La Confraternita Madre
era diretta da otto Capitani e collaboravano con loro numerosi Ufficiali fra
cui lo Spedalingo e otto infermieri, segno che il loro scopo era puramente
assistenziale; da aggiungere anche quattro Buonuomini per le visite ai
carcerati.
I Neri erano guidati da un proprio Governatore, da due
Consiglieri e dai Provveditori insieme a due persone col compito di Maestri dei
Novizi, di Infermieri e Paciali.
La sera precedente all’esecuzione, il condannato si
confessava e poi veniva, come dire “consolato” con dell’ottimo vino.
Il giorno dell’esecuzione, un’ora prima del suono della
Montanina (campana che avvertiva i fiorentini dell’imminente esecuzione) del
palazzo del Bargello, i confratelli si preparavano indossando la veste nera
recandosi poi dal condannato, e formatasi poi una processione questi veniva
accompagnato al luogo del supplizio, mentre i confratelli recitavano salmi durante
la funerea processione e davanti al
patibolo invocavano suppliche per la sua anima.
Da notare che fra i loro assistiti ci fu anche il Savonarola
che nel 1498 rinchiuso nella torre di Arnolfo in Palazzo Vecchio fu confortato
da Jacopo Niccolini facente parte dei Neri.
Alcuni Papi concessero a questa Confraternita svariate
indulgenze, da notare comunque quella concessa ai Neri da parte di Paolo III
che gli permetteva nel giorno di San Giovanni Decollato di far liberare un
condannato a morte.
Appartennero ai Neri; Lorenzo il Magnifico, Luca della
Robbia, Leone X, Clemente VII ed altri.
Il Patrono della Compagnia era San Giovanni Battista (24
giugno), e in quel giorno collegato al solstizio estivo di origine pagana veniva
attribuito al culto del fuoco simboleggiando la purificazione della terra e
l’immunità dalle malattie, venivano accesi fuochi sulle torri e scoppiati
mortaretti con tiri d’archibugio, mentre nel contado venivano fatte processioni
e fatte rotolare giù dai pendii ruote infuocate.
La
Compagnia fu soppressa da Pietro Leopoldo, ma il 6 gennaio
1912 fu riattivata da Monsignor Luigi D’Indico, e la loro sede è ancora
presente nella chiesa di via Malcontenti nella parrocchia di San Giuseppe.
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