venerdì 1 luglio 2016

Palazzo Vecchio

Nel 1299 fu iniziata, a Firenze, la costruzione, su progetto di Arnolfo di Cambio, di un edificio per la magistratura fiorentina sulle rovine del Palazzo dei Fanti e del palazzo dell’Esecutore di Giustizia appartenuto in precedenza alla famiglia di fede ghibellina degli Uberti, cacciati da Firenze nel 1266 per questioni politiche. Oggi sopra di esso svetta il prolungamento di una torre già esistente, inglobata nel palazzo e base della cosiddetta “Torre di Arnolfo”, quest’ultima costruita nel 1310 circa: la torre apparteneva alla famiglia dei Foraboschi, denominata dai fiorentini “della Vacca” per la grossa campana che si ergeva sopra (da notare che anche la strada che congiunge via Por Santa Maria a piazza della Signoria si chiama ancora via Vacchereccia) ed è ancora riconoscibile dalle finestre murate; la sua altezza è di m. 94 dalla base  ed al suo interno si trova una stanzina chiamata “alberghetto”, il luogo che  tra gli altri vennero tenuti prigionieri Cosimo il Vecchio nel 1433, prima di essere esiliato e Girolamo Savonarola prima di essere giustiziato il 23 maggio del 1498.

Da Wikipedia: Palazzo Vecchio

Nella cella campanaria di questa torre sono attaccate tre campane: la più grande è la campana dei rintocchi, la campana di mezzogiorno e la Martinella, suonata per chiamare i fiorentini ad adunarsi nel caso di bisogno: fu suonata per far insorgere il popolo anche l’11 agosto del 1944 per liberarla dalle truppe nazi-fasciste ed anche come commemorazione dell’evento, cinquant’anni dopo.
Dopo la morte di Arnolfo di Cambio nel 1302, la costruzione (che in futuro avrebbe avuto altre modifiche anche in espansione) fu continuata da altri due maestri nel 1314 i quali la terminarono nel 1315, portando così a termine
la sua prima fase costruttiva: mentre già dal 26 marzo 1302 (il capodanno fiorentino era appunto il 26 marzo) vi si era già istallata la Signoria composta dal Consiglio con a capo i Priori; mentre nelle sue fondamenta erano già in funzione le carceri, dette “Burelle” che altro non erano che le arcate del teatro romano, una costruzione semicircolare che si estendeva verso via dei Leoni esistente sotto le precedenti costruzioni: un luogo angusto buio e umido, dove i carcerati venivano calati dall’alto impossibilitandoli alla fuga.

Da Wikipedia: le scale della Torre di Arnolfo

Il primo rimaneggiamento per il suo ampliamento avvenne fra il 1342 e il 1343 sotto il Duca di Atene, Gualtieri VI di Brienne il quale oltre ad ampliare la costruzione verso via della Ninna fortificandola (da notare su questo lato la porticina da lui usata per fuggire da Firenze quando il popolo fiorentino si ribellò a lui e a tutti i suoi seguaci), difese ulteriormente l’”Aringhiera” (cioè la parte rialzata davanti all’ingresso del palazzo chiamata “Arengario” o “Aringhiera”, la quale prendeva il nome dalla recensione metallica che la recintava; eliminata da Giuseppe del Rosso nell’Ottocento) con due antiporte insieme ad altri elementi difensivi. Di lui resta in una sala del Palazzo Vecchio un affresco staccato dalle carceri delle Stinche che rappresenta appunto la sua cacciata da Firenze.  
Ma le modifiche al Palazzo non cessano e altri lavori avvengono sotto Cosimo I de’ Medici insediatosi nel palazzo dal 1540 al 1555: furono ampliati e decorato il Salone dei Duecento con affreschi alle pareti ed ai tabelloni del soffitto, e quello dei Cinquecento (fatto costruire nel 1494 durante la Repubblica di Savonarola, da Simone del Pollaiolo detto il “Cronaca”, commissionatoglielo dal frate il quale dopo che i Medici erano stati scacciati si era posto alla guida di Firenze facendone la sede del Consiglio Maggiore composto appunto da cinquecento membri) dal Vasari portandolo a cinquantuno metri di lunghezza per ventitre di larghezza ingrandendo così anche la costruzione raddoppiandone quasi il suo volume, portandola in questi modo alla pari delle varie corte europee per le sue statue e affreschi di artisti che oltre il Vasari ci hanno lavorato.

Da Wikipedia: il Salone de' Cinquecento

Nel 1556 i Medici spostarono la loro residenza e di conseguenza la corte a Palazzo Pitti definendo l’antecedente “Palazzo Vecchio”, appellativo che gli rimarrà per sempre nel mondo, trasferendo l’amministrazione della magistratura e governativa negli Uffizi e, commissionando, per la propria sicurezza al Vasari la costruzione di un corridoio coperto che congiunga Palazzo Pitti al Palazzo Vecchio, dando la possibilità sia alla sua famiglia che alla corte di spostarsi senza il pericolo di agguati avendo anche la possibilità di poter assistere alla messa senza mescolarsi con il popolo, infatti sia un palco ma essenzialmente una grata è collegata alla chiesa di Santa Felicita che da possibilità di assistere alle funzioni religiose, senza essere visti.  
Questo corridoio arrivato alla fine del Ponte Vecchio si ristringe per un tratto, girando intorno ad una torre appartenente alla famiglia Mannelli la quale alla richiesta del Vasari di far passare il percorso attraverso la loro torre ottenne un solenne rifiuto, essendo questa avversaria dei Medici:su principio Cosimo I era intenzionato a distruggere ma, su consiglio del Vasari e, per evitare eventuali sommosse, dato che il Duca non era molto amato dai fiorentini, l’architetto decise di aggirarla, apportando attorno alla torre una serie di mensole occorrenti per la sua costruzione, e la tradizione ci racconta il commento di Cosimo I, anche se con rammarico affermò: «Ognuno è padrone in casa propria».
Percorrendo questo corridoio possiamo vedere (per ora) un dipinto raffigurante una nobildonna dei Medici con al collo un diamante chiamato “Diamante Toscano” ed è questa l’unica immagine che troviamo di questo gioiello: dalla descrizione sappiamo che era di origine indiana di colore giallo-pallido con un tono verdognolo, tagliato a doppia rosetta a nove lati con centoventisei faccette, ed un peso di g. 27,454 pari a carati 137,27, descritto dal mercante francese Jean Baptite Tavernier in un resoconto del 1657.
Con la fine della famiglia Medici, questo fu dato all’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo ed al marito Francesco Stefano di Lorena che governarono il Granducato di Toscana dal 1737; dopo la sconfitta dell’Austria avvenuta nel 1918 il gioiello fu portato in Svizzera, rubato e probabilmente di nuovo tagliato in altra forma; ma putroppo non ci sono delle prove.
L’ultimo e definitivo lavoro riguardante Palazzo Vecchio lo troviamo, verso la fine del Cinquecento ad opera di Battista del Tasso e Bernardo Buontalenti con la sistemazione della parte posteriore.

Da Wikipedia: Palazzo Vecchio

Questo palazzo fu la sede del Parlamento del Regno d’Italia dal 1865 al 1871 prima del suo trasferimento a Roma e dal “dispiacere” che i piemontesi se ne andavano i fiorentini scrissero: «Torino piange perché il re parte, Roma ride perché il re arriva, Firenze ch’è città d’arte va in “tasca” a chi viene e a chi parte».

Due delle tante curiosità che riguardano sia la piazza che il palazzo: una iscrizione posta vicino alla fontana del “Biancone” (nomignolo dato dai fiorentini per il colore bianco del marmo della statua) fatta dagli Otto di Guardia e Balia vieta l’uso dell’acqua pubblica della fontana, che dice: « a  di  30 . lvglio  1720 gli  spettabili  ss.  otto  di  gvardia  e  balia  della  citta  di firenze.  proibiscono  a  qvalvnqve  persona  di  qvalsivoglia  stato  grado  o  condizione  che  non  ardisca  intorno  a  qvesta  fonte  a  braccia venti  fare  sporchezze  di  sorte  alcvna  lavare  in  essa   calamai  panni  o  altro  ne  bvttarvi  legnami  o  altre  aporcizie  sottto pena di dvcati  qvattro  e  dell  arbitrio  di  ll.°  ss.ri  e  tutto  in  conferma  altrodecreto  del  magistrato  loro  del  di  21  agto  1646.». Sulla parte destra del palazzo si trova scolpito di profilo un volto che la leggenda attribuisce a Michelangelo Buonarroti che volendo immortalare un condannato a morte (qualcuno dice un oratore o un suo debitore), l’artista lo avrebbe, secondo la tradizione, fatto stando di schiena alla parete. 

di Chiara ed Enzo Sacchetti

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