Nel
1299 fu iniziata, a Firenze, la costruzione, su progetto di Arnolfo di Cambio,
di un edificio per la magistratura fiorentina sulle rovine del Palazzo dei
Fanti e del palazzo dell’Esecutore di Giustizia appartenuto in precedenza alla famiglia
di fede ghibellina degli Uberti, cacciati da Firenze nel 1266 per questioni
politiche. Oggi sopra di esso svetta il prolungamento di una torre già
esistente, inglobata nel palazzo e base della cosiddetta “Torre di Arnolfo”, quest’ultima
costruita nel 1310 circa: la torre apparteneva alla famiglia dei Foraboschi,
denominata dai fiorentini “della Vacca” per la grossa campana che si ergeva
sopra (da notare che anche la strada che congiunge via Por Santa Maria a piazza
della Signoria si chiama ancora via Vacchereccia) ed è ancora riconoscibile
dalle finestre murate; la sua altezza è di m. 94 dalla base ed al suo interno si trova una stanzina
chiamata “alberghetto”, il luogo che tra
gli altri vennero tenuti prigionieri Cosimo il Vecchio nel 1433, prima di
essere esiliato e Girolamo Savonarola prima di essere giustiziato il 23 maggio
del 1498.
Da Wikipedia: Palazzo Vecchio |
Nella
cella campanaria di questa torre sono attaccate tre campane: la più grande è la
campana dei rintocchi, la campana di mezzogiorno e la Martinella , suonata per
chiamare i fiorentini ad adunarsi nel caso di bisogno: fu suonata per far
insorgere il popolo anche l’11 agosto del 1944 per liberarla dalle truppe nazi-fasciste
ed anche come commemorazione dell’evento, cinquant’anni dopo.
Dopo
la morte di Arnolfo di Cambio nel 1302, la costruzione (che in futuro avrebbe
avuto altre modifiche anche in espansione) fu continuata da altri due maestri
nel 1314 i quali la terminarono nel 1315, portando così a termine
la sua prima
fase costruttiva: mentre già dal 26 marzo 1302 (il capodanno fiorentino era
appunto il 26 marzo) vi si era già istallata Da Wikipedia: le scale della Torre di Arnolfo |
Il
primo rimaneggiamento per il suo ampliamento avvenne fra il 1342 e il 1343
sotto il Duca di Atene, Gualtieri VI di Brienne il quale oltre ad ampliare la
costruzione verso via della Ninna fortificandola (da notare su questo lato la
porticina da lui usata per fuggire da Firenze quando il popolo fiorentino si
ribellò a lui e a tutti i suoi seguaci), difese ulteriormente l’”Aringhiera”
(cioè la parte rialzata davanti all’ingresso del palazzo chiamata “Arengario” o
“Aringhiera”, la quale prendeva il nome dalla recensione metallica che la recintava;
eliminata da Giuseppe del Rosso nell’Ottocento) con due antiporte insieme ad
altri elementi difensivi. Di lui resta in una sala del Palazzo Vecchio un
affresco staccato dalle carceri delle Stinche che rappresenta appunto la sua
cacciata da Firenze.
Ma
le modifiche al Palazzo non cessano e altri lavori avvengono sotto Cosimo I de’
Medici insediatosi nel palazzo dal 1540 al 1555: furono ampliati e decorato il
Salone dei Duecento con affreschi alle pareti ed ai tabelloni del soffitto, e
quello dei Cinquecento (fatto costruire nel 1494 durante la Repubblica di
Savonarola, da Simone del Pollaiolo detto il “Cronaca”, commissionatoglielo dal
frate il quale dopo che i Medici erano stati scacciati si era posto alla guida
di Firenze facendone la sede del Consiglio Maggiore composto appunto da
cinquecento membri) dal Vasari portandolo a cinquantuno metri di lunghezza per
ventitre di larghezza ingrandendo così anche la costruzione raddoppiandone
quasi il suo volume, portandola in questi modo alla pari delle varie corte
europee per le sue statue e affreschi di artisti che oltre il Vasari ci hanno
lavorato.
Da Wikipedia: il Salone de' Cinquecento |
Nel
1556 i Medici spostarono la loro residenza e di conseguenza la corte a Palazzo
Pitti definendo l’antecedente “Palazzo Vecchio”, appellativo che gli rimarrà
per sempre nel mondo, trasferendo l’amministrazione della magistratura e
governativa negli Uffizi e, commissionando, per la propria sicurezza al Vasari
la costruzione di un corridoio coperto che congiunga Palazzo Pitti al Palazzo
Vecchio, dando la possibilità sia alla sua famiglia che alla corte di spostarsi
senza il pericolo di agguati avendo anche la possibilità di poter assistere
alla messa senza mescolarsi con il popolo, infatti sia un palco ma
essenzialmente una grata è collegata alla chiesa di Santa Felicita che da
possibilità di assistere alle funzioni religiose, senza essere visti.
Questo
corridoio arrivato alla fine del Ponte Vecchio si ristringe per un tratto,
girando intorno ad una torre appartenente alla famiglia Mannelli la quale alla
richiesta del Vasari di far passare il percorso attraverso la loro torre
ottenne un solenne rifiuto, essendo questa avversaria dei Medici:su principio
Cosimo I era intenzionato a distruggere ma, su consiglio del Vasari e, per
evitare eventuali sommosse, dato che il Duca non era molto amato dai fiorentini,
l’architetto decise di aggirarla, apportando attorno alla torre una serie di
mensole occorrenti per la sua costruzione, e la tradizione ci racconta il
commento di Cosimo I, anche se con rammarico affermò: «Ognuno è padrone in casa
propria».
Percorrendo
questo corridoio possiamo vedere (per ora) un dipinto raffigurante una
nobildonna dei Medici con al collo un diamante chiamato “Diamante Toscano” ed è
questa l’unica immagine che troviamo di questo gioiello: dalla descrizione
sappiamo che era di origine indiana di colore giallo-pallido con un tono
verdognolo, tagliato a doppia rosetta a nove lati con centoventisei faccette,
ed un peso di g. 27,454 pari a carati 137,27, descritto dal mercante francese
Jean Baptite Tavernier in un resoconto del 1657.
Con
la fine della famiglia Medici, questo fu dato all’imperatrice Maria Teresa
d’Asburgo ed al marito Francesco Stefano di Lorena che governarono il
Granducato di Toscana dal 1737; dopo la sconfitta dell’Austria avvenuta nel
1918 il gioiello fu portato in Svizzera, rubato e probabilmente di nuovo
tagliato in altra forma; ma putroppo non ci sono delle prove.
L’ultimo
e definitivo lavoro riguardante Palazzo Vecchio lo troviamo, verso la fine del
Cinquecento ad opera di Battista del Tasso e Bernardo Buontalenti con la
sistemazione della parte posteriore.
Da Wikipedia: Palazzo Vecchio |
Questo
palazzo fu la sede del Parlamento del Regno d’Italia dal 1865 al 1871 prima del
suo trasferimento a Roma e dal “dispiacere” che i piemontesi se ne andavano i
fiorentini scrissero: «Torino piange perché il re parte, Roma ride perché il re
arriva, Firenze ch’è città d’arte va in “tasca” a chi viene e a chi parte».
Due delle
tante curiosità che riguardano sia la piazza che il palazzo: una iscrizione
posta vicino alla fontana del “Biancone” (nomignolo dato dai fiorentini per il
colore bianco del marmo della statua) fatta dagli Otto di Guardia e Balia vieta
l’uso dell’acqua pubblica della fontana, che dice: « a
di 30 . lvglio 1720 gli
spettabili ss. otto
di gvardia e
balia della citta
di firenze. proibiscono a
qvalvnqve persona di
qvalsivoglia stato grado
o condizione che
non ardisca intorno
a qvesta fonte
a braccia venti fare
sporchezze di sorte
alcvna lavare in
essa calamai panni
o altro ne
bvttarvi legnami o
altre aporcizie sottto pena di dvcati qvattro
e dell arbitrio
di ll.° ss.ri e tutto
in conferma altrodecreto
del magistrato loro
del di 21
agto 1646.». Sulla
parte destra del palazzo si trova scolpito di profilo un volto che la leggenda
attribuisce a Michelangelo Buonarroti che volendo immortalare un condannato a
morte (qualcuno dice un oratore o un suo debitore), l’artista lo avrebbe, secondo
la tradizione, fatto stando di schiena alla parete.
di Chiara ed Enzo Sacchetti
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