domenica 10 marzo 2019

Chiesa di San Pier Scheraggio


L’appellativo di “Scheraggio” dato alla Chiesa di S. Piero deriva dal fatto che in prossimità di questa c’era una fogna, la quale raccoglieva, prima di finire nell’Arno, le acque della Città: come asserisce Giovanni Villani nel suo terzo libro al capitolo due; denominazione confermata anche dagli atti di vendita di case poste accanto alla Chiesa che dicono: «prope Scheradium , sive fogna», oppure in un Diploma del Vescovo di Firenze Rinieri, riferito dall’Ughelli nel Tomo III, il quale dona al Monastero di S. Pier Maggiore la Chiesa definendola sempre con questo appellativo: «Ecclesiam S. Petri ad Holagium».

Pianta della chiesa di San Pier Scheraggio

Nella ricerca di altre notizie che confermino l'antichità della Chiesa, Capo, fra l'altro, di un Sestiere di Firenze, il Villani ci racconta che nel X secolo le tasse cittadine erano centomila fiorini l’anno da dividere appunto in proporzione tra i vari Sestrieri e le competenze che riguardavano S. Pier Scheraggio
erano di ventitremila: sappiamo che il passaggio dell'assetto urbano da Sestrieri a Quartieri è datato circa nel periodo della cacciata del Duca di Atene nel 1343, e quindi la chiesa doveva essere anteriore (e di molto) a tale momento. Un altro elemento è la distruzione di Fiesole che mise fine al continuo conflitto con Firenze: nel 1010, in una tregua fra le due parti, i Fiesolani durante i festeggiamenti di San Romolo, considerato il primo Vescovo della Città, aprirono le porte cittadine a tutti i "vicini", fiorentini compresi, ai quali parve il momento migliore per un colpo di mano contro i nemici. La mattina della festa, con la scusa di assistere ai festeggiamenti, fecero entrare molti giovani, fra cui molti fiorentini, mentre altri aspettavano nascosti il momento buono per intervenire: fatto il segnale entrò in azione l'esercito, mentre i Fiesolani, presi dalla festa, pensavano inizialmente a qualche baruffa e non si preoccuparono di niente: quando però videro i soldati a piedi e a cavallo con le bandiere al vento non restò loro altro da fare che rifugiarsi nella Rocca e difenderla. L'assedio durò qualche giorno e alla fine fu fatta la resa: l'antica città di Fiesole fu quindi spianata delle sue difese, spogliata di tutti i suoi averi che furono portati in Firenze, compreso il Carroccio, simbolo della Città, e collocato sulla facciata della chiesa di San Pier Scheraggio, come scrive Giovanni Villani nel suo Lib. IV. c. V. «Et intra le altre cose ne recarono i Fiorentini il Carroccio del marmo che è nella fronte di S. Pier Scheraggio , in Firenze» perché ciò che era di legno in passato rimanesse per sempre nel marmo. Fra i beni confiscati si parla anche di un raro Pulpito o Ambone collocato nella Chiesa Fiesolana, tutto di marmo lavorato a bassorilievi portato poi in questa Chiesa perché questi due trofei potessero essere visti anche dai posteri: questa decisione sarebbe a conferma della configurazione di questa ad antica Basilica, dando spunto a Monsignor Vincenzo Borghini nella parte seconda dei suoi discorsi a pag. 410 di dire che dopo S. Giovanni e S. Reparata fosse la più grande e bella [chiesa] ed aggiungendo anche, che nessuna Chiesa in Firenze era più vicina alle regole date da Vitruvio per la costruzione di una Basilica: lunga ottantacinque braccia e le sue navate grandi rette da colonne di macigno di Ordine Composito che ancora si possono vedere nella laterale Via della Ninna, con finestre lunghe e strette come era d’uso nelle costruzioni dei primi Cristiani, che volevano che le Chiese fossero buie.

Veduta della chiesa di San Pier Scheraggio da Fabio Borbottoni

Ancora altri documenti ci comprovano la sua antichità: uno lo riporta il Cerracchini nella Serie di Arcivescovi a pag. 53 riferendo della sua Consacrazione commissionata da Papa Alessandro II nel 1068 a Ridolfo Vescovo di Todi Amministratore del Vescovado Fiorentino e, l’autore ci riporta le sue stesse parole scritte: «si sa però , che egli nel 1068 consacrò l’antica Chiesa di S. Piero Scheraggio , come si vede da un Cartello in Sacrestia manoscritto di carattere antico»; di questo documento non si trova più traccia e ci viene tramandato come è stato trovato riscritto:

«Jesus

Hec Basilica S. Petri Scheradii Floren. dedicata est jussione Domini Alexandri P. II. a Ven. Rodulfo Tudertine Ecclesie Episcopo , manistrantibus sibi Clericis Florentinis an. ab.Incarnatione Domini 1068. Ind. 7 in honorem S. Dei Genitricis Marie , et BB. Petri Andree et Jacobi . Qui predictus dedicator ab ipso pueritie sue fuo usque ad Episcopatum in maiori Ecclesie Flor. feliciter Deo vixit . Quique tam istud , quam cetera Altaria cum Sanctorum nominibus , quei bi continentur Canonicis sibi devotissime confignavit . IV. Kal . Jan.».

È doveroso rammentare anche il suo antico cimitero, del quale si vedevano ancora, al tempo dell’autore, i resti nella corte dalla quale si entrava nella sede della Compagnia degli Stipendiari, anch'essa, un tempo, parte del camposanto con lapidi che erano dentro e fuori e ammucchiate l’una sopra l’altra in un corridoio, situato nel sotterraneo lungo quanto tutta la Chiesa alto tre braccia dal pavimento al soffitto.
In questa Chiesa si svolgevano le adunanze dei Signori, prima della costruzione del Palazzo di Piazza, la cui costruzione fu finita nel 1300 circa: qui venivano trattati tutti gli argomenti della politica fiorentina sia per la pace che per la guerra; ma anche dopo il loro insediamento nel Palazzo, sempre in questo luogo si svolsero funzioni della Repubblica, come avvenne nel 1374 ove i nuovi Priori col Gonfaloniere presero possesso del nuovo governo, oppure nel 1509 dove nella sua Canonica vennero ospitati gli Ambasciatori di Pisa venuti a trattare con Firenze.

Ricostruzione della chiesa di Massimo Tosi

Uno dei Priori di questa Chiesa fu l’artefice dell’incendio avvenuto il 10 Maggio 1304, iniziato da via Calimala si estese per il Mercato Nuovo e il Ponte Vecchio fino a tornare indietro verso S. Pier Scheraggio, distruggendo millesettecento case con le loro ricchezze di merce, valori e libri; autore di questo sacrilegio fu il Ghibellino nemico di Firenze Neri degli Abati, anche se a rivendicare il suo operato altri Priori hanno avuto meriti eccellenti, come Filippo di Neri di Filippo di Guido dell’Antella, che per i suoi meriti da Papa Clemente VI fu fatto Vescovo di Ferrara nel 1349 ed in seguito trasferito a Firenze: di lui ci racconta Franco Sacchetti nella novella 171, annotando che proprio lui a far costruire nel Duomo l’Altare di S. Bastiano, portando da Roma un dito del Santo e donandolo alla Cattedrale.
La distruzione di questa Chiesa fu opera di Cosimo I de’ Medici nel 1561, con la sua idea di riunire in un solo Palazzo tutti i tredici Magistrati, incaricando per il disegno Giorgio Vasari che per sua sfortuna non lo vide mai finito essendo questi morto nel 1574 e terminata da Alfonso Parigi.
Per la sua costruzione venne distrutta parte di S. Pier Scheraggio ed il rimanente inglobato nella costruzione degli Uffizi, edificio maestoso per la sua grandezza, lungo braccia 246, la sua facciata sull’Arno lunga braccia 60 e le logge nei due lati larghe braccia 13 e 18 mentre la lunghezza dei vani braccia 17; gli archi retti da pilastri e frammezzate colonne ed a ciascun pilastro largo braccia 4 fu fatta una nicchia per contenere la statua di un personaggio fiorentino, mentre sulla testata della costruzione vennero poste una statua in marmo di Cosimo I con in mano lo scettro, opera del Giambologna, ed altre due che rappresentano la “Giustizia” ed il “Rigore” fatte da Vincenzo Danti Perugino. L'intero complesso delle opere assieme alla costruzione dimostrano sia la capacità architettonica del Vasari che il potere della Famiglia Medici: il tutto per la “comodità pubblica”, come venne scritto nelle medaglie gettate nelle fondamenta il 14 Luglio 1561, medaglie che per nostra fortuna ne sono state rinvenute alcune di cui una in rame con sopra un lato il ritratto di Cosimo I con l’anno 1561, mentre sul retro gli Uffizi con la scritta “Publicae commoditati”. Della antica chiesa di San Pier Scheraggio oggi resta molto poco: nonostante l'enorme distruzione sotto il loggiato, verso Palazzo Vecchio una porta dava e ancora da la possibilità di entrarvi e vedere ciò che resta del suo originale splendore e, di alcuni restauri eseguiti dei quali siamo venuti a conoscenza grazie ai Padri Inquisitori di Firenze i quali avevano il Padronato di questa Chiesa.

Abside della chiesa

La causa del suo declino si deve attribuire a due avvenimenti importantissimi per la storia di Firenze. Il primo fu la costruzione nel 1297, di un Palazzo, commissionato dalla Repubblica ad Arnolfo Lapo per il Supremo Magistrato del Popolo, il quale in precedenza faceva le riunioni sia nelle Chiese che in case private, principalmente in quelle della Famiglia de’ Cerchi, dietro S. Romolo.
Per la costruzione del Palazzo si doveva occupare una parte della piazza verso sinistra da come lo vediamo oggi, ma questa essendo in origine costituita dalle case della Famiglia degli Uberti, ribelli e Ghibellini, distrutte dai Fiorentini ed essendo ancora vivo l’odio che la gente portava verso questi, non fu concesso all’Architetto di edificare in quel punto, obbligandolo a spostarsi verso la Chiesa quindi ma allo stesso tempo costringendolo all’abbattimento di una Navata, come è possibilesi può leggere nella “Vita di Arnolfo” scritta dal Vasari, che racconta: «potette tanto la sciocca caparbietà di alcuni , che no ebbe forza Arnolfo per molte ragioni , che allegasse , di farsi , che gli fusse conceduto almeno mettere in isquadra il Palazzo , per non aver voluto chi governava , che in modo nessuno esso avesse i fondamenti in sul terreno degli Uberti Ribelli , e piuttosto comportarono , che si gettasse per terra la Navata di verso tramontana di S.Pier Scheraggio». Ma non tutti sono convinti di questa soluzione: lo storico Richa fa notare, infatti, che lo spazio tra il Palazzo e la Chiesa era più che sufficiente per far passare una strada,  senza contare che sembra impossibile che nel già ‘300 la costruzione fosse così malridotta, dato che fino al ‘400 i Signori vi avevano fatto delle Funzioni, dando più credito a Leopoldo del Migliore che stabilisce il suo abbattimento nel 1410, mentre Stefano Rosselli ne da una motivazione più chiara dicendo: «Essendone circa 300. anni sono stata levata la Nave verso Tramontana per allargare la strada , che passa tra quella ed il palazzo dei Signori». Il fatto è certo sia che questo sia avvenuto cento anni prima o dopo dato che la Chiesa perse in questo modo il suo antico splendore visto che la Repubblica non si limitò soltanto a questa deturpazione ma ordinò, dato che la sua riduzione a sole due Navate l’avrebbe ulteriormente deturpata e resa  decise di ridurla ad una sola, eliminando anche quella di mezzodì, dandola ad una Compagnia che la tenne fino a quando con la costruzione degli Uffizi furono eliminati introducendo nei locali il Magistrato dei Nove; questa nuova distruzione fece si che si perdessero assieme all’altra parte affreschi e lapidi.

Particolare di una colonna

Con le due navate abbattute e la sua proporzione ridotta, la Chiesa faceva ancora buona mostra di se con la sua Loggia, Campanile e Canonica, fino al 1561 quando il Duca Cosimo I, iniziati gli Uffizi fece abbattere per fare un Teatro, Case, Canonica, Campanile e Loggia, facendo anche tagliare la Chiesa verso la Porta, perdendo il Carroccio Fiesolano che ornava la facciata sia le varie sepolture di uomini illustri.
Le sue vicissitudini continuarono, perché nel 1581 perduto l’Ius parrocchiale e il titolo di Prioria, il quale venne concesso e condiviso fra le Chiese di S. Remigio e S. Stefano al Ponte, con una Bolla di Papa Gregorio XIII e, data in mantenimento, lo stesso anno al Padre Inquisitore di Firenze concedendogli anche l’Ius Padronato della Chiesa di S. Lionardo di Arcetri un tempo di possesso di S: Pier Scheraggio.

Particolare laterale di una monofora affrescata

I resti di questa Basilica furono conservati dagli Inquisitori, ed erano entrando a manritta (destra) si trovava  la Cappella de’ Sangalletti , successivamente passata alla Famiglia de’ Cocchi Donati con una Tavola eseguita da D. Lorenzo Camaldolese che rappresentava “Maria col Bambino ed alcuni Santi”; ed a questo Altare il 7 Gennaio c’era l’obbligo di far dire alcune Messe ed una Cantata alla presenza del Possessore della Commenda Sangalletti chiamata “Santa Gonda”, ed inoltre si doveva distribuire a quaranta poveri sette soldi ad ognuno come diceva il testamento di Monsignor Gualtiero Sangalletti; Tesoriere e Primo Cameriere di Papa San Pio V e, volle che alla festa fosse presente il Cancelliere per rogare l’atto di Adempienza al Fatto, mentre nella sagrestia si conservava una tavola con sopra scritto:
«A Gloria di Dio sempre Laudato, Temuto, e Ringraziato»
«Adì VII. Del mese di Gennaio . Si deve celibrare nella Chiesa di S. Piero Scheraggi di Firenze un Anniversario funerale , con Messa Cantata , e Messe quattro piane alla Cappella della Famiglia de’ Sangalletti antichi sepoltuari in detta Chiesa . Ed in detta mattina si debbano distribuire numero XL elemosine di soldi VII. per ciascheduna a XL dei più Poveri mendicanti della Citta , e tutto in suffragio dell’anima di Monsignor Guglielmo Sangalletti , alla qual funzione deve intervenire quello , che in detto tempo sarà Commendatario della Commenda Sangalletti nella Sacra Religione de’ Cavalieri di Santo Stefano , e tutto in conformità del Testamento di detto Monsignor Sangalletti . Rogato ....... in Roma .....CI+I+LV».
La seconda Cappella era detta della “Ninna” e della “Madonna del Cantone” con un’immagine della “Madonna”, un’opera attribuita a Cimabue, messa dentro un Ovato con intorno storie dipinte da un ignoto autore.
La terza Cappella apparteneva al Marchese Rinuccini che in origine apparteneva alla Famiglia de’ Benvenuti, detta “la Cappella della Visitazione”, ossia l’Altare di Mona Agnoletta Benvenuti, come sta scritto nelle Decime Ecclesiastiche e, la Tavola esposta era opera Filippo Lippi sulla quale ha raffigurato “Maria, S. Francesco, l’Arcangelo Raffaello e, una Santa genuflessa” con il volto di Agnoletta Benvenuti; l’ultima Cappella su questo lato era dedicata a S. Antonio da Padova, fatta fare dai Padri Inquisitori: dalla parte opposta, sempre partendo dall’ingresso la prima Cappella apparteneva in origine alla Famiglia Carnesecchi Duranti ma al momento all’Arte dei Mercatanti con una tavola antica alla “Gottica” e, Mariano Neri di Durante lasciò due Doti di dieci fiorini d’oro nel 1462 per le giovani del Popolo di S. Pier Scheraggio con un testamento rogato da Ser Pietro di Firenze, proseguendo si trovava la Cappella di S. Maria Nuova con l’Arme di questa, una “Gruccia”, con un quadro che rappresentava “Maria col Bambino e S. Sebastiano”, un opera di Totto detto della Nunziata; la terza era dei Buonafede, e sul suo Altare una “Nunziata” con sul fondo scritto: «Francesco Brini Madonna di S. Maria delle Grazie»; seguiva la Cappella della Famiglia de’ Castellani con un opera di Francesco da Poppi rappresentante la “Purificazione di Maria”.
Proseguendo si salivano due gradini e si trovava un ampia Tribuna con l’Altar Maggiore in Isola, rinnovato nei suoi ornamenti nel 1743 da Giuseppe Penni: di originale della antica Chiesa vi erano le Predelle in due ordini e, nel primo vi si trovavano le storie della vita di S. Pietro credute dipinte dal Giotto, mentre nel secondo delle piccole figure attribuite al Poppi e, si deve aggiungere che intorno alla Tribuna si trovavano sulle pareti le Armi della Famiglia dei Della Luna.
Dalla parte dell’Epistola si trovava una porta che mediante una scala portava nella “corte di levante” che anticamente era il Cimitero ove sul un muro si trovavano delle Lapidi Sepolcrali e da un lato sopra a terra il Sepolcro dei Castellani con un iscrizione e, sopra un ingresso un affresco con l’immagine di “Maria” fatto dal Sagrestani: da questa corte si entrava alla Compagnia degli Stipendiati, dove sull’Altare si trovava una Tavola dipinta.
Rientrando nella Chiesa erano visibili delle Lapidi sul pavimento ed alla porta quella di Silvestro di Michele Nardi avo dello storico con scritto:

«HOC EST SEPVLCRVM SILVERTRIS MICHAELIS NARDI ,
ET SVORVM QVI OBIIT ANNO DOMINI MCCCC
DIE XXV MENSIS IVLII»

più avanti, nel mezzo al pavimento la Lapide con Epitaffio di Lorenzo Gori:

«D.        O.        M.
LAVRENTIO  GORO  CIVI  OPTIMO
SIBI  ET  POSTERIS
ZENOBIVS  FRATER  PIVS  CONDIDIT.  NATVS  QVATVOR
ET  OCTVAGINTA  ANNOS  OBIIT  KAL.  APR.
ANNO  SAL.  NOSTRÆ  MDI»


a seguire quello dei Migliorati, un sepolcro con un basso rilievo di Pandolfo Della Luna Priore, dei Conti Guidi e le armi delle Famiglie degli Alberti, dei Buonaccorsi, dei Baroncelli, dei Vernaccia, dei Filiberti, dei Talenti e, lo stesso Pulpito o Ambone portato da Fiesole di cui tre pezzi formavano il Pulpito della Chiesa ed altri tre erano murati nei locali della Compagnia degli Stipendiati e vi sono raffigurati i “Misteri della vita di Gesù” in bassi rilievi che l’autore fece incidere sul rame per far vedere il lavoro degli scultori del IX secolo con sotto ciascun “Mistero” si trovava scritto un verso che per sfortuna ne erano rimasti leggibili soltanto tre che dicevano:

«Tres Tria dona ferunt , trinum de fidere querunt,»
«Nobis admixtum cernunt animalia Christum»
«Angeli pendentem deponunt cuncta gerentem»

Col passare degli anni altre modifiche e restauri sono stati apportati a questa Chiesa, durante degli scavi è stato trovato sotto il pavimento i resti di una Chiesa Longobarda mentre ai lati di una Monofora si possono vedere degli affreschi  che raccontano la Vita di Gesù ed altre opere che sono state staccate da Villa Pandolfini. 
La Chiesa fu soppressa nel 1743 ed i locali ridotti ad uso di Archivio dei Tribunali, per essere attualmente di nuovo visitabile.

di Enzo Sacchetti

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