La
costruzione dell’anfiteatro iniziò nel 70 d.C., per volontà dell’imperatore
Vespasiano della famiglia dei Flavi; l’area prescelta fu una piccola valle fra la Velia, il Colle Oppio e il
Celio, nella quale si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal
poeta Marziale), ricavato per la propria Domus Aurea da Nerone e alimentato
da fonti che sorgevano dalle fondazioni del tempio dedicato al Divo Claudio sul
Celio. Con questa scelta l’imperatore Vespasiano volle esprimere il suo disprezzo
verso il tiranno Nerone e ingraziarsi così l’opinione dei romani, che lo
disprezzavano per le sue azioni contro Roma stessa: fece dirottare l’acquedotto
adattandolo ad uso pubblico e bonificò il lago per permettere di gettare le fondamenta
ed edificare così la cavea.
Vespasiano
poté purtroppo vedere solo la costruzione dei primi due piani, morì infatti,
avvenuta nel 79 d. C. e il figlio Tito,
suo successore fece aggiungere il terzo e il quarto ordine e, nell’80 d. C. lo
inaugurò con cento giorni di giochi nei quali morirono circa 2.000 gladiatori e
9.000 animali.
L’imperatore
Domiziano, secondo figlio di Vespasiano, operò delle importanti modifiche, tra
le quali la costruzione di sotterranei per altri scopi che di fatto non permisero
più l’edificio dell’arena e impedirono così e namachie, cioè le
rappresentazioni di battaglie navali.
In
contemporanea all’anfiteatro furono costruiti degli edifici di servizio per i giochi:
i ludi, caserme e luoghi per l’allenamento dei gladiatori; la caserma
del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis, la flotta romana
di base a Miseno,
che avevano il compito di manovrare il velarium, i
teli collegati a pali e manovrati come delle vele, usati per riparare dal sole
gli spettatori; il summun o choragium e gli armamentaria,
depositi delle armi ed attrezzature; il sanatorium, luogo per la cura
delle ferite dei combattenti e lo spoliarum, destinato a trattare le
spoglie dei gladiatori morti durante i giochi.Da Wikipedia: Il Colosseo |
L’attività
dei giochi era scandita da un programma ben preciso: al mattino si svolgevano i
combattimenti tra animali (venationes) o fra animali e gladiatori,
mentre all’ora di pranzo, le condanne a morte (noxii) e nel pomeriggio lo scontro fra gladiatori (numera).
Gli
ultimi combattimenti fra questi sono testimoniati nel 437; il complesso fu
usato poi per le venationes fino a
Teodorico il Grande e le ultime rappresentazioni vennero organizzate nel 519 in occasione del
Consolato di Eutarico (genero di Teodorico) e nel 523 per il consolato di Anicio
Massimo.
Dopo
il suo abbandono, avvenuto nel VI secolo, fu inizialmente adibito a luogo di
sepoltura e in seguito come castello, danneggiato in seguito da un terremoto
nell’847 sotto papa Leone IV, nel XIII secolo fu inserito al suo interno il palazzo
dei Frangipane, poi demolito. Tutta la costruzione, nei secoli successivi, fu
utilizzata come fonte di materiale per costruzioni: i suoi blocchi di
travertino servirono per la realizzazione di Palazzo Barberini nel 1634 e nel
1703 per il Porto di Ripetta.
L’attuale
nome con cui è oggi conosciuto è probabilmente un’attribuzione medievale: il
bolognese Armannino Giudice, nel XIV secolo sosteneva che questa struttura
fosse il principale luogo al mondo di adoratori satanici e sede di sette di
maghi; a chi si avvicinava veniva chiesto “colis eum?” (cioè adori lui,
intendendo il Diavolo) a cui si doveva rispondere “ego colo” e, dalla
combinazione della domanda sarebbe derivato il suo nome. Nel 1744 papa
Benedetto XIV lo fece esorcizzare e costruire le 15 edicole della “Via
Crucis” mentre nel 1749 lo consacrò alla memoria della passione di Cristo e
a tutti i santi.
L’edificio
è a forma di ellisse con un perimetro di m. 525, e le sue assi misurano m.
187,5 per 156,5, un’arena di m. 86 per
54 con una superficie di 3.357
m.², la sua altezza originale era di m. 52 ma
attualmente arriva a m. 48,5.
La
facciata è in travertino articolata in quattro ordini, i tre registri inferiori
hanno 80 arcate numerate, rette da pilastri ai quali si addossano semicolonne,
mentre il quarto livello, attico, è costituito da una parete piena.
Da Wikipedia: Interno del Colosseo con vista del sottosuolo |
Nei
tratti di parete tra le lesene si aprono 40 piccole finestre
quadrangolari, una ogni due riquadri (nei riquadri pieni dovevano trovarsi i clipei
bronzei) e immediatamente sopra il livello delle finestre vi sono collocate tre
mensole sporgenti per ogni riquadro nelle quali erano alloggiati i pali di
legno utilizzati per aprire e chiudere il velarium.
Gli
spettatori raggiungevano il proprio posto entrando dalle arcate loro riservate:
infatti ognuna delle 74 arcate per il pubblico era contraddistinta da un numerale
inciso sulla chiave di volta per permettere di raggiungerlo
rapidamente. Da questi si accedeva a scale incrociate che portavano a una serie
simmetrica di corridoi anulari coperti a volta che immettevano ciascuna in un
settore.
All’interno,
la cavea con i gradini per i posti degli spettatori interamente in marmo,
era suddivisa tramite praecinctiones o baltea (fasce divisorie in
muratura) in cinque settori orizzontali, maeniana, riservati a categorie
di pubblico diverse il cui grado diminuisce con l’altezza.
Il
settore inferiore era destinato ai senatori ed alle loro famiglie con seggi di
legno, subsellia, e i loro nomi iscritti sulla balconata; seguiva il maenianum
primun con una ventina di gradini; poi il maenianum secundum
suddiviso in imun (inferiore) e summum (superiore) con circa
sedici gradini; infine trovavamo il maenianum summum con circa undici
gradini (questi a differenza dagli altri erano di legno), settore dove un
portico colonnato coronava la cavea, (porticus in summa cavea),
sui gradini sotto di esso trovavano posto le donne alle quali dopo Augusto era
vietato mescolarsi con gli uomini; il posto peggiore era sopra il colonnato
destinato alla plebe più infima: verticalmente i settori erano forniti di
scalette e dagli accessi alla cavea vomitoria, protetti da transenne in
marmo.
Alle
due estremità, in corrispondenza con l’asse minore si trovavano due palchi
riservati: uno a forma di “S” per l’imperatore, i consoli e le vestali (questo
palco possedeva anche un ingresso riservato), l’altro al praefectus urbi e
altri dignitari.
L’arena
aveva una pavimentazione in parte in muratura e in parte in tavolato di legno,
ricoperta interamente di sabbia per assorbire il sangue di uomini e animali, ed
era separata dalla cavea da un podium di circa quattro metri
decorato con nicchie e marmi, protetto da una balaustra bronzea, oltre la quale
si trovavano i posti dei personaggi di riguardo.
Sotto
l’arena erano stati realizzati locali di servizio composti da un ampio
passaggio centrale lungo tutta l’asse maggiore e da 12 corridoi curvilinei disposti
sui due lati; qui si trovavano gli 80 montacarichi suddivisi su quattro
corridoi che permettevano di far salire in superficie i macchinari e gli animali
che servivano per i giochi, oltre a locali che ospitavano prima del
combattimento uomini e animali
Dobbiamo
sapere che il primo anfiteatro in muratura di Roma fu quello costruito da Tito
Statilio Tauro nel 29 A.
C. e che probabilmente aveva una parte dei gradini in legno, ma trattandosi di
una struttura privata non fu mai utilizzato per giochi pubblici; andò
probabilmente distrutto nell’incendio del 64 d. C.
Anche
il tiranno Nerone edificò un anfiteatro in legno nel 57 d. C. (come ci racconta
Tacito), forse nel luogo di una struttura voluta da Caligola e mai completata.
Nel
2007 il Colosseo è stato inserito nelle Sette Meraviglie del Mondo Moderno.
di Chiara ed Enzo Sacchetti
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