di Enio Luigi Pecchioni
Il
Regno Italico appare già citato alla fine del secolo V, sotto Odoacre,
ed è poi menzionato da tutti i sovrani che si impadronirono della
Penisola. Ha però veste ufficiale soprattutto da Berengario I al nipote
Berengario II. Esso comprendeva parte dell’Italia Settentrionale, parte
della Tuscia sino al territorio della Chiesa. Il regno attraversò un periodo storico d’anarchia feudale che cessò con la vittoria dell’imperatore Ottone I su Berengario II.
Il successivo tentativo d’unificazione di Arduino di Ivrea non ebbe
seguito; il Regno Italico fu smembrato ed inserito nell’Impero, mentre
Pavia, dopo la distruzione del Palazzo Reale, nel 1024, cessava di avere
quell’importanza che le era derivata dall’essere stata per un lungo
periodo la capitale del regno.
Quando
Pipino, figlio di Carlo Magno, che per primo cinse la corona del regno
d’Italia (781) calò nella tomba, esso passò a Bernardo che fu in seguito
spodestato da Luigi il Pio. A quest’ultimo successe Lotario.
Nell’854 fu incoronato Re d’Italia Luigi II. Nell’875 sul trono di Pavia
salì Carlo il Calvo, nell’877 Carlomanno e nell’879 Carlo il Grosso,
con cui, ingloriosamente, la dinastia carolingia s’estinse.
L’Italia
si trovò allora in preda all’anarchia e in balia delle grandi casate
feudali del Friuli e di Ivrea (Arduini, Aleramici, Obertenghi), di
Spoleto e di Toscana, alle quali i Re Longobardi e i Re Franchi
l’avevano distribuita.