domenica 13 maggio 2012

I primi tentantivi di unificazione d’Italia nei secoli bui (888-962 d.c.) (3a parte)

il Regno Italico di Arduino d’Ivrea


di Enio Luigi Pecchioni
L’ultimo tentativo per un Regno d’Italia indipendente fu quello di Arduino d’Ivrea (955-1015), proclamato re dai grandi feudatari italiani, malcontenti della potenza a cui erano giunti i vescovi, divenuti conti delle città.
Egli lottò contro l’imperatore di Germania Enrico II; ma abbandonato da tutti, si ritirò nel monastero di Fruttuaria (San Benigno Canavese), ove morì. Il dominio di quest’ultimo segnò la scomparsa del regno feudale indipendente in Italia, il quale ormai cadeva sotto il dominio delle varie dinastie tedesche. Ma ripercoriamone la storia.


Arduino d’Ivrea, apparteneva ad una famiglia longobarda calata in Italia al momento dell’invasione. Figlio di Dadone, conte di Pombia e di una figlia di Arduino III Glabrione conte di Torino, succedette al cugino Corrado Conone nel governo della marca d’Ivrea nel 989. Sposò Berta di Borgogna e venne elevato a marchese da Berengario II (con questa investitura, Berengario cercò di assicurarsene la fedeltà e l’aiuto per l’ascesa alla corona d’Italia).

Il territorio concesso da Berengario a Arduino si trovava probabilmente ai confini della contea di Asti, nei pressi del villaggio di Radicati (Ratigada), nella parte occidentale dell’astigiano settentrionale.
Al fine di limitare il potere dei marchesi e di impedire che il loro titolo diventasse dinastico, gli imperatori del Sacro Romano Impero avevano da tempo imboccato la strada del conferimento di poteri secolari ai vescovi da essi direttamente prescelti. Fu così che Arduino dopo aver uccisio il vescovo di Vercelli e bruciato il suo corpo, fu minacciato di scomunica dal pontefice Gregorio V, il quale però morì prima di attuarla (999).
Condannato dal sinodo di Roma, egli non si piegò: appoggiandosi alla piccola nobiltà si fece proclamare re d’Italia (1000), fu incoronato a Pavia il 15 febbraio 1002 e il suo potere fu riconosciuto in tutta l’Italia settentrionale e parte della centrale. Ma altri feudatari chiesero aiuto a  Enrico II di Germania, che inviò in Italia un esercito guidato da Oddone duca di Carinzia, immediatamente stroncato dalle avanguardie  di Arduino.
Nel 1004, quando l’Imperatore calò di persona alla testa di un forte esercito, Arduino si trovò solo. Dopo aver sconfitto Arduino alle chiuse della Valsugana, l’imperatore gli tolse il titolo regale, facendosi a sua volta incoronare a Pavia re d’Italia tra le proteste del popolo. I pavesi si ribellarono, costringendo l’imperatore a fuggire dalla città.
Per dieci anni, tra il 1004 ed il 1014, Arduino cercò di reimpossessarsi della corona d’Italia; ma per la forte opposizione del marchese di Toscana Bonifacio e dell’arcivescovo di Milano Arnolfo, nonché fiaccato dalla stanchezza e da un morbo implacabile, Arduino cedette le insegne reali ritirandosi nel monastero di Fruttuaria dove morì nel 1015.
Venne tumulato nell’altare maggiore della chiesa abbaziale, ove per secoli fu venerato da monaci e pellegrini. Dopo alcune vicissitudini le sue spoglie riposano adesso nel Castello di Masino che domina la Dora Baltea a 14 chilometri da Ivrea.
Arduino d’Ivrea ebbe una forte personalità, che spiccò sullo sfondo delle lotte italiane contro la chiesa e lo straniero; i liberali del Risorgimento lo intesero come un precursore.
La storiografia lo rese popolare vedendo in lui un primo esponente della lotta per l’unità d’Italia dal giogo della dominazione straniera; mentre la Chiesa, memore delle sanguinose scorribande contro i vescovi d’Ivrea e di Vercelli, e le gesta sacrileghe verso le prerogative ecclesiastiche ne ridimensionò la statura politica.

BIBLIOGRAFIA

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