domenica 27 settembre 2015

La giustizia a Firenze

Passeggiando per le strade di Firenze, e in particolare nella parte più antica troviamo spesso delle lapidi affisse dai Signori Otto di Guardia e Balia che regolavano la vita della città, su cui erano segnati i nomi delle vie. Di una di queste però, per chi conosce poco la vita antica della città, rimane assai perplesso: è via dei Malcontenti, termine un tempo usato per indicare i condannati a morte che dopo la sentenza facevano questo percorso verso la Porta della Giustizia che oltrepassata portava al patibolo (questo fu spostato nel 1531 oltre Porta la Croce, attualmente fra viale Gramsci e via Colletta, mentre un’altra forca fu innalzata a sud-est della città, nell’attuale piazza Beccaria).

da Wikipedia: veduta di via dei Malcontenti a Firenze

I condannati venivano accompagnati al patibolo dalla Compagnia dei Neri che aveva il suo nuovo Tempio in borgo la Croce, dove ancora si può vedere un tabernacolo del 1740 ove sostavano i condannati, rinnovato il 9 agosto delle stesso anno da Luca di Bartolommeo Francalanci, reo di aver ucciso una ragazza e per questo condannato all’impiccagione e allo squartamento (la primitiva sede della compagnia si trovava vicino alla Zecca).
I confratelli portavano delle fasce per bendare il morituro, mentre uno di loro le gettava al boia gli altri si schieravano per coprire gli strumenti del supplizio; nel frattempo il condannato che aveva già meditato i “gradi”, la Passione di Gesù, recitati in ginocchio con cui poteva usufruire di ottantamila anni d’indulgenza,

venerdì 18 settembre 2015

La Fortezza da Basso

Antonio di Bartolomeo Cordini, conosciuto come Antonio da Sangallo il giovane, perché nipote di da parte di madre di Giuliano e Antonio Giamberti dai quali aveva preso il soprannome “da Sangallo”, nacque a Firenze il 12 aprile del 1484, divenendo in seguito Architetto durante il Rinascimento e il Manierismo: fra le numerose opere tre sono gli esempi di fortificazioni, da lui progettate alla “Moderna”, ossia con fronte Bastionato: la Cittadella d’Ancona, con cinque bastioni, la Rocca Paolina a Perugia e la Fortezza di Firenze, mentre a Roma costruì per sé un palazzo, oggi noto come Palazzo Sacchetti.

da Wikipedia: la Fortezza da Basso

L’idea di Alessandro de’ Medici di costruire una fortezza per difendersi più che da attacchi esterni da eventuali sommosse da parte del popolo fiorentino, si concretizzò il 10 marzo del 1534, quando su suggerimento del Papa Clemente VII scrisse una lettera al Antonimo da Sangallo per commissionare la costruzione con queste parole: “Io desidero

martedì 8 settembre 2015

La basilica di Santo Stefano a Bologna

Si tratta di un complesso di sette edifici, detto delle “Sette chiese” e la tradizione popolare vuole che sia stato S. Petronio a volerlo innalzare nel tentativo di imitare  la basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme costruito sopra ad un tempio pagano dedicato ad Iside. Di certo sappiamo che gli strutture sono di origine piuttosto antica: la chiesa di San Giovanni Battista o del Santo Crocifisso costruite entrambe nell’VIII secolo, quella del  Santo Sepolcro risalente al V secolo ove in una cella con altare e pulpito si trovava la tomba dello stesso S. Petronio, Vescovo di Bologna dal 431 al 450 e protettore della città, mentre la chiesa dei Santi Vitale e Agricola costruita nel IV secolo contenente i sarcofagi dei due martiri.
Tutto il complesso fu devastato durante l’invasione degli Ungari del X secolo e ricostruito dai Monaci Benedettini all’inizio dell’XI, ma anche i nuovi restauri successivamente eseguiti, seppur nel tentativo di ripristinare i reali ambienti, hanno modificato significativamente il suo aspetto originale: non potendo avere, infatti, riscontro con quello fatto costruire da Costantino nel IV secolo a Gerusalemme perché distrutto dal Califfo fatimata al- HaKim e ricostruito in seguito dai Crociati, anche le ristrutturazioni hanno finito per cambiare completamente le strutture.

da Wikipedia: esterno della basilica di Santo Stefano affacciata sull'omonima piazza

La chiesa del Crocifisso è di origine longobarda e risalente all’VIII secolo. Composta da una sola navata con volta a capriata, il suo presbiterio è sopraelevato sulla cripta al cui centro troviamo il “Crocifisso” opera di Simone dei Crocifissi del 1380, mentre nella navata di sinistra il Complesso Statuario del

lunedì 27 luglio 2015

Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi e l'antico Ospedale di Santa Maria Nuova



Scrive il Richa, II, 134 e seg. che “La Chiesa è antichissima, ed assai più di quello, che parlano le scritture a noi rimase, posciachè essendo ella una delle 36. Parrocchie, e chiusa nel primo cerchio della Città, gode due autorevoli documenti di antichità. La prima scrittura però, che si trovi, è un Istrumento de’ più rari, che abbia L’Archivio del Capitolo Fiorentino, cioè una carta di Procura per la riforma del Clero in tempo di Sedia vacante, che ha per titolo: Universus Clerus, et Dioces Flor. Eccl. Flor. vacante, faciunt eorum procuratorem ad quam plurimum peragendum 1286. die 3. Aprilis. I primi sottoscritti sono quattro Canonici a nome del Capitolo, ed al numero 44. tra’ Curati leggesi: D. Cosmus Cappellanus Sancte Margherite. Altra scrittura trovò Stefano Rosselli, che è un breve di Papa Martino IV. Pel quale il Rettore di Santa Margherita Don Giovanni Peponi è promosso al Presbiterato Fiorentinoo varcato per la morte di Tribaldo Arciprete, ed il Breve è dato in Orvieto 3 Non. Iulii An. 1283. Di una terza ancora più vecchia scrittura debbo grato al Sig. Domenico Maria Manni nel Sigillo 14. del Tomo XVIII. avendo egli trovato un contratto di vendita, che fece il Conte Guido Salvatico della Famiglia de’ Cerchi di alcune case, in populo Sancte Margherite rogato Ser Rinuccino da Certaldo 1280”.

da Wikipedia: facciata della Chiesa

La prima documentazione sulla ecclesia Santae Margeritae risale all’11 maggio 1032: dedicata a Santa Margherita di Antiochia, l’edificio prese il nome dalla famiglia dei Cerchi che, insieme quelle dei Donati e degli Adimari,

sabato 18 luglio 2015

Il Battistero di Firenze e la tomba di papa Giovanni XXIII



I segreti di Firenze

Lo sapete che nel Battistero di Firenze c'è la tomba di Giovanni XXIII? No non è uno scherzo, ma quello a cui mi riferisco non è Papa Roncalli, ossia appunto papa Giovanni XXIII, al soglio pontificio dal 1958 al 1963, bensì a Baldassarre Cossa, nato a Procida (o Ischia) nel 1370  e morto a Firenze il 22 dicembre 1419, definito successivamente antipapa.

da Wikipedia: il Battistero di Firenze

Tutto risale alla fine del 1377, quando la sede apostolica dopo circa settant'anni (1309-1377) che si trovava ad Avignone, fu nuovamente trasferita a Roma per decisione di Gregorio XI. La sua morte generò problemi interni alla Chiesa soprattutto per le voci della possibile elezione di un papa transalpino, che con ogni probabilità avrebbe riportato la sede pontificia in terra francese: la sollevazione popolare fece sì che invece fosse eletto il napoletano  Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari, che assunse il nome di Urbano V. La fazione francese non gradì la scelta e a Fondi elesse così un proprio Pontefice,

giovedì 9 luglio 2015

Castel del Monte



La data di costruzione di questo edificio è incerta, anche se ufficialmente viene citato il 29 gennaio 1240, quando Federico II diede disposizione a Riccardo Momtefuscolo, Giustiziere di Capitanata di eseguire i lavori inviandogli una lettera che dice: «Poiché per il castrum, che abbiamo intenzione di erigere presso Sancta Maria de Monte (chiesa attualmente scomparsa), vogliamo che sia immediatamente fatto tramite tuo, benché non sia nella tua giurisdizione, l’actractum, e in quanto nostro fedele t’incarichiamo di predisporlo senza indugio con calce, pietre, e ogni cosa idonea...»; dalla lettera sembra che il monarca desiderasse avere un luogo tranquillo per poter prendere decisioni importanti. L’architetto incaricato dell’opera fu probabilmente Riccardo Lentini, anche se alcuni studiosi ritengono che fu lo stesso imperatore l’ideatore del progetto ipotizzando anche che venne costruito sopra preesistenti rovine di fortezze, prima longobarde e poi normanne.

da Wikipedia: veduta di Castel del Monte

Dal 1600 questo luogo fu praticamente abbandonato e depredato dei suoi arredi e decorazioni parietali in marmo di cui restano poche tracce dietro i capitelli; nel 1876 il monumento fu acquistato per la somma di Lit. 25.000 dallo Stato italiano che nel 1879 predispose il suo restauro: un nuovo risanamento fu eseguito nel 1928 dall’architetto Quaglianti e nel 1936 Castel del Monte fu dichiarato monumento nazionale, mentre altri restauri sono stati eseguiti tra il 1975 e il 1981.
La costruzione è a pianta ottagonale di cui ogni lato esterno è di m. 10,30 di intervallo tra le torri più il diametro di ogni torre di m. 7,90 delle quali ogni spigolo si innesta una torretta anche essa ottagonale con il lato di m. 2,70, la corte

sabato 4 luglio 2015

San Francesco. Vita e opere del Santo



La vita
La vita di Francesco è come tutte le agiografie segnata da una serie di eventi considerati punti di rottura che separano una vita fatta di lussi e agiatezza da quella interamente  dedicata a Dio ed ai bisognosi.
Il futuro Santo nacque ad Assisi nel 1181 in una stalla improvvisata al piano terreno della casa materna da una famiglia piuttosto agiata: Pietro Bernardone era, infatti, un mercante di stoffe e spezie, mentre Pica Bourlemont aveva origini benestanti. Alla sua nascita la madre decise di battezzarlo Giovanni in onore del santo festeggiato il 24 giugno, ma al ritorno da un viaggio di lavoro il padre gli cambiò il nome in quello con cui oggi lo conosciamo in omaggio alla Francia, terra a cui era grato perché proprio in quei luoghi vendeva  la sua merce ai nobili.

da Wikipedia: San Francesco e le storie della sua vita

Purtroppo della sua infanzia abbiamo poche informazioni. Della sua formazione culturale sappiamo che imparò le nozioni principali alla scuola parrocchiale di San Giorgio, come il latino e la musica, ma il fatto di essere quasi sicuramente destinato allo stesso lavoro del padre lo portò a trascurare gli studi letterari; certamente, in ogni caso, imparò da lui il francese e il provenzale. Oltre a ciò sappiamo che non era molto alto di statura e aveva il fisico piuttosto gracilino e che era stato nominato “rex iuvenum” per la sua attitudine alle allegre brigate e all’uso di sperperare i soldi del padre.
Poco più che ventenne decise di partire per la guerra che da molti anni vedeva contrapposta Assisi a Perugia: il conflitto era nato a seguito

lunedì 29 giugno 2015

Semifonte



Entrando in Val d’Elsa, dalla Superstrada Firenze-Siena, troviamo, fra i tanti cartelli stradali che indicano le varie frazioni, uno in particolare che segnale“Semifonte”: si tratta di un piccolo agglomerato di poche case, in cui a nessuno viene da pensare che in questi luoghi, un tempo, sorgesse un castello e una città rivale addirittura di Firenze.
Il suo nome deriva dal latino Summus Fons (sorgente d’acqua su un’altura), in seguito Summofonte, e, per ultimo appunto Semifonte (anche nell’istrumento di pace, prima della sua distruzione il termine, riguardante i suoi abitanti viene usato per quattordici volte Summofontesi e per quattro volte Semifontesi); la sua fondazione avvenuta dopo il castello, intorno al 1177, da parte del Conte di Prato, Alberto IV degli Alberti (Prato era stata fondata all’inizio dell’ XI secolo dalla famiglia degli Alberti), divenendo in poco tempo un importante centro, politicamente legato all’imperatore Fedrico I detto il Barbarossa.
La data della costruzione è avvallata dalla testimonianza del giudice fiorentino Senzanome, spettatore di alcune fasi della guerra contro la città e della successiva distruzione, che la colloca nel 1177, in l’occasione della discesa in Italia dell’imperatore, in Toscana fino al gennaio 1178. Nella cronaca del Senzanone, unico documento che ci racconta la nascita di Semifonte, leggiamo che il Conte Alberto «Trascursis annis postea non multis» dal 1177 «dum excellentissimus Fridericus primis, Romanurum imperator intraret Ytaliam, de ipso confidens, de ipso castro super excellentioris monte qui di cebatur Somofonti, castrum contruixit eodem nomine appellatum, eiusdem imperatoris asumpto vexillo, quod nullum Ytalia melius nec forte simile preter unum». 

da Wikipedia: le mura del borgo di Petrognano

Lo scopo del Partito Imperiale, di fatto, era impedire a Firenze di espandersi, creò così una serie di castelli che la dividessero da Siena e Lucca,

mercoledì 17 giugno 2015

Sant'Appiano. Il Santo e il suo Battistero



Sul «Mons aureus, Monte dell’oro o Monteloro», questo il nome che tuttora troviamo di quella zona, si ergeva un tempietto pagano di cui si era trovato oltre ai muri di fondazione romana un idoletto in arenaria raffigurante il dio Eros che cavalcava un cane; in epoca cristiana, nel V-VI sec. quel tempio pagano fu trasformato in una primitiva chiesa paleocristiana ed il luogo mantenne l’antica denominazione latina «sancta ad planum» che indicavate un luogo sacro.

da Wikipedia: le colonne, i pochi resti del Battistero, di fronte alla Pieve


Dopo la trasformazione architettonica l’idolo pagano fu sostituito dalla reliquie di un Santo senza nome e chiamato per questo il «Santo al piano»,

giovedì 11 giugno 2015

Masada



Questa fortificazione, visibile dalle rive del Mar Morto, sorge a trecento metri sopra il livello del mare, sopra uno sperone roccioso a forma di aquila: il suo nome è Masada, dall’ebaico Mesûdâ, fortezza, che il re Erode fece costruire alla fine del I secolo a.C. sopra costruzioni già esistenti. Lo storico Giuseppe Flavio attribuisce la costruzione della primitiva fortezza agli Asmonei che avrebbero regnato sulla Palestina dal 130 al 40 a.C. e costruito molte fortezze nella parte orientale d’Israele, nella valle del Giordano e sulla costa del Mar Morto, usate dalla famiglia reale sia come residenze o rifugio, nell’eventualità di tumulti; gli scavi archeologici effettuati hanno postato alla luce monete armonee e due cisterne risalenti a quell’epoca; mancando però oggetti di ceramica per stabilire una precisa datazione. 

da Wikipedia: la fortezza di Masada


Durante gli scavi del 1989 vennero alla luce molti edifici risalenti al periodo di Erode, il re costruttore che governò dal 37 a.C al 4 a.C. e innalzati in tre momenti differenti: diversi: il primo risale al 37 a.C. quando,

lunedì 8 giugno 2015

Il Calcio Storico Fiorentino



Leggenda e verità di un gioco

A Giugno, come nelle migliori tradizioni fiorentine, inizia il torneo del Calcio Storico Fiorentino, gioco di antiche tradizioni e diventato un appuntamento fisso ogni anno, assieme allo Scoppio del Carro del giorno di Pasqua e in cui, fra l'altro vengono decise proprio le partite da disputare.
Ma da dove nasce questo sport? E come si gioca?
La tradizione del calcio storico fiorentino risale al 17 febbraio 1530, quando Firenze era assediata dalle truppe spagnole di Carlo V. La popolazione, sebbene stremata da quel lungo e infinito isolamento, per spirito di ribellione e quel senso di superiorità che solo i fiorentini sanno avere, decise di dare avvio ad una partita di calcio, in piazza Santa Croce, per dare l'impressione che niente, nemmeno l'esercito imperiale, la toccava e avrebbe scalfito lo spirito.  Insieme a quel gesto si racconta che fu presa tutta la poca farina che ancora c'era in città, accesi tutti i forni e fatto del buon pane fresco... Firenze e i fiorentini riuscivano a sopravvivere (anche se solo apparentemente) alla grande nonostante tutto!

da Wikipedia: una partita al calcio d'inzio giocata nel 1688
 
La tradizione di far rivivere quell'episodio fu ripresa nel 1930, diventando una sfida fra i 4 quartieri, Bianchi di Santo Spirito,

mercoledì 3 giugno 2015

Gita al Bosco Sacro di Bomarzo



Non tutto  è,  ciò che sembra o appare


Questi brevissimi appunti che sono stati letti a chi si apprestava a visitare un giardino così particolare e suggestivo come quello di Bomarzo, servivano nelle intenzioni di chi ora nuovamente scrive, a far riflettere un visitatore meno attento e più turista, sulla realtà e gli scopi altamente filosofici e iniziatico –esoterici che si nascondono dietro ad immagini scultoree, mitologiche e allegoriche come quelle presenti all’interno del giardino stesso. Il Gruppo Archeologico  Fiorentino  ha organizzato per i suoi associati e per altri  visitatori appassionati di arte e di un pizzico di esoterismo, una gita alla scoperta del borgo di Bomarzo e dell’area  sottostante che fino dal lontano sedicesimo secolo ospita il cosiddetto “Bosco Sacro” o più comunemente e impropriamente definito “Parco dei Mostri”.

Alcuni di noi..

Bomarzo è un borgo medievale con una sua storia ben precisa che ci è stata raccontata sapientemente sul posto, con personaggi illustri, avventurieri, semplici popolani ed è proprio il luogo e il borgo stesso,

mercoledì 20 maggio 2015

Gropina


La derivazione del nome Gropina è di origine incerta: sappiamo che gli Etruschi che vivevano nella zona la chiamarono Krupina, ossia Villaggio, ma alcuni ritengono la sua etimologia dal torrente che scorreva e scorre tuttora più a valle, ossia il Ciuffenna, altri, invece, da Cerfa, Cerfenna che significa Cerva o, dal nome del dio umbro Cerfo che controllava la crescita dei raccolti oppure da un nome proprio, Clufennius, dal latino ma sempre di origine etrusco.
Con l’avvento del Cristianesimo e il riconoscimento di questa religione con l’editto di Costantino nel 313, nel Valdarno, come in altri luoghi, sorsero le prime chiese (chiamate così da ecclesia, termine greco che significa "assemblea" o "riunione di fedeli"): così lungo la Cassia Vetus troviamo le pievi di Cascia, Piandiscò, Gropina, San Giustino; quella di Gropina risale al V-VI secolo, probabilmente fondata sopra una domus (il nome pieve deriva da plebs-popolo indicante una chiesa dotata di fonte battesimale anche se prima dell’VIII secolo queste sono chiamate baptisteria e solo dopo plebes dalle quali nell’alto Medioevo dipendevano cappelle e chiese minori, ed in seguito anche queste saranno amministrate dalle parrocchie).
La prima chiesa battesimale, edificata intorno al VI secolo era absidata con un'unica navata di circa tredici metri di lunghezza per sette di larghezza e priva di campanile (costruzione che troviamo accanto alle chiese a partire dal IX-X secolo); tracce di questa sono visibili sotto l’attuale pavimento scoperte negli scavi del 1968-1971. 
da Wikipedia: la facciata della pieve di Gropina

Dopo la conquista di gran parte dell’Italia da parte dei Longobardi e in seguito alla loro conversione al Cristianesimo sotto il regno prima della regina Teodolinda (570-627), di suo nipote Ariperto I re dal 653-661 poi, e infine il re Liutprando (712-744) ci fu un grande impulso per la costruzione di nuove chiese: a Gropina

mercoledì 13 maggio 2015

Il Colosseo



La costruzione dell’anfiteatro iniziò nel 70 d.C., per volontà dell’imperatore Vespasiano della famiglia dei Flavi; l’area prescelta fu una piccola valle fra la Velia, il Colle Oppio e il Celio, nella quale si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale), ricavato per la propria Domus Aurea da Nerone e alimentato da fonti che sorgevano dalle fondazioni del tempio dedicato al Divo Claudio sul Celio. Con questa scelta l’imperatore Vespasiano volle esprimere il suo disprezzo verso il tiranno Nerone e ingraziarsi così l’opinione dei romani, che lo disprezzavano per le sue azioni contro Roma stessa: fece dirottare l’acquedotto adattandolo ad uso pubblico e bonificò il lago per permettere di gettare le fondamenta ed edificare  così la cavea.

Vespasiano poté purtroppo vedere solo la costruzione dei primi due piani, morì infatti, avvenuta nel 79 d. C.  e il figlio Tito, suo successore fece aggiungere il terzo e il quarto ordine e, nell’80 d. C. lo inaugurò con cento giorni di giochi nei quali morirono circa 2.000 gladiatori e 9.000 animali.

L’imperatore Domiziano, secondo figlio di Vespasiano, operò delle importanti modifiche, tra le quali la costruzione di sotterranei per altri scopi che di fatto non permisero più l’edificio dell’arena e impedirono così e namachie, cioè le rappresentazioni di battaglie navali.

In contemporanea all’anfiteatro furono costruiti degli edifici di servizio per i giochi: i ludi, caserme e luoghi per l’allenamento dei gladiatori; la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis, la flotta romana di base a Miseno,

mercoledì 6 maggio 2015

Il Partenone


ACROPOLI D’ATENE
L’acropoli è una rocca spianata sulla parte superiore della città di Atene a m. 156 sul livello del mare, il cui spiazzo è largo m. 140 e lungo m. 280; è conosciuta anche come Cecropia, in onore del leggendario dio-serpente Cecrope, il primo re di Atene.
I resti delle più importanti costruzioni, risalenti all’epoca Arcaica, si trovavano fin dal VII secolo a.C. epoca in cui le mura, di età Micenea, persero la loro importanza difensiva e, nella prima metà del VI secolo a.C. dopo la cacciata dei Pisistratidi, questa cessò di essere una fortezza.
Tutte le sue costruzioni, comprendenti le fortificazioni, le costruzioni, i templi e le statue, furono distrutte durante l’occupazione Persiana del 480 a.C..
La prima ricostruzione delle mura e dei bastioni della città, furono eseguiti sotto il governo di Temistocle e di Cimone; mentre per celebrare la vittoria sui Persiani e il primato economico-politico, Pericle fece realizzare la ricostruzione dell’Acropoli e la costruzione del Partenone, dei Propilei e in seguito dell’Eretto e del tempio di Atena Nike.



Leo Von Kleze, L'Acropoli e il Partenone




PARTENONE
Il suo nome deriva dalla grande statua di culto crisoelefantina realizzata da Fidia raffigurante Atena Partnénos, posta nella stanza orientale.

giovedì 30 aprile 2015

Le compagnie fiorentine



Sono state molte le Compagnie che attraverso i secoli si sono sviluppate in Firenze, ma vi parlerò soltanto di tre che sono tra le più antiche e,a mio parere, più interessanti. Le notizie al riguardo sono tratte principalmente da “Deo Gratia”.


COMPAGNIA di SAN FREDIANO detta la BRUCIATA
La compagnia di San Frediano,detta della Bruciata, fu fondata con lo scopo di esercitare la carità il primo Gennaio 1323,e nel 1376 introdusse una consuetudine che gli avrebbe avvalso questo soprannome”Bruciata; infatti per la festa del Patrono,San Frediano vescovo di Lucca,che è il 18 Novembre veniva dato a ciascuno dei confratelli una coppa di castagne arrostite. La Confraternita si riuniva al lato della vecchia chiesa di San Frediano.Il Richa però, posticipa di un secolo questa tradizione affermando che l’evento è il risultato di un testamento elargito da Lorenzo di Bartolommeo del Passera il quale lasciò oltre questa usanza altre cose  e fondo la cappella di San Lorenzo nel 1490.
Lo stemma era,in campo argento con una croce rossa nascente dalla punta dello scudo,e ai lati le lettere S F (San Frediano) di colore uguale.
Dai capitoli della Compagnia,12 aprile 1489 sappiamo che veniva guidata da sei Capitani e quattro Consiglieri, e tutti e dieci non potevano avere un età inferiore di trent’anni. Gli altri Ufficiali erano; due Provveditori e tre Camerlenghi (due dei quali addetti a visitare gli ammalati) e due Sindaci che dovevano essere “persone vive”, cioè, sveglie, saper leggere, scrivere e far di conto; anche questi non potevano avere un età inferiore ai trent’anni. Rilevante appare la figura del Notaio, che riceva annualmente grandissimi doni in natura.

martedì 21 aprile 2015

La chiesa di San Miniato al Monte



La storia
San Miniato è considerato il primo martire fiorentino, giustiziato nel 250 d.C. Secondo la leggenda dopo essere stato decapitato, avrebbe preso la sua testa fra le braccia e, attraversando l’Arno, si sarebbe diretto verso il Mons Florentinus, dove sarebbe crollato in un piccolo cimitero; qui adesso sorge la basilica a lui dedicata. Ecco cosa racconta il Drogone riguardo alla sorte di Miniato: «[...] Troncatogli il santissimo capo, con felice destino ebbe la sventura di passare dalla mortale alla vira eterna. Il corpo del beatissimo martire, alzatosi dal luogo del supplizio e prendendo tra le sacre braccia il capo mozzo, accompagnato da un corteggio di angeli salì il monte sul quale, prima della sua passione, era solito servire Dio onnipotente; e qui con chiarissimo e ammirevole proposito disse di voler attendere il giorno dell’ultimo giudizio».
Prima dell’attuale costruzione religiosa era presente una chiesuola accanto ad una cella, come lo stesso Davisohn  ritiene, eretta sulla tomba del santo dopo il riconoscimento del cristianesimo nel 392 d.C. con l’Editto di Teodosio. Il corpo del martire, infatti, era stato seppellito da alcuni compagni sfuggiti alla persecuzione ed era diventato luogo di devozione. Sappiamo, inoltre, che nel 781 Carlo Magno insieme alla moglie Ildegarda vi fece visita e che la donna, mediante delle preghiere, ricevette delle grazie. A quel luogo lo stesso sovrano restò molto legato, tanto che in un documento successivo (non sappiamo bene se nell’anno della morte della consorte nel 783 o tre anni dopo) fece dei lasciti alla chiesa: «Carlo per grazia di Dio re di Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, a tutti i nostri fedeli presenti e futuri. [...]

martedì 14 aprile 2015

Le due chiese di San Frediano



Narra una leggenda che San Frediano, dovendo attraversare l’Arno per recarsi alle reliquie di San Miniato, lo avesse trovato in piena; chiese così aiuto a dei barcaioli, ma questi si rifiutarono. Il Santo disse loro di non avere paura, così questi accettarono e per miracolo riuscirono ad oltrepassare il fiume. In seguito in questo luogo fu edificata una chiesa in suo onore.

da Wikipedia: Chiesa di San Frediano in Cestello, posta nell'omonima piazza

La prima Chiesa di San Frediano, ora scomparsa
La prima chiesa dedicata al Santo si trovava in piazza San Friano (l’attuale piazza del Carmine), a sinistra entrando da Borgo San Frediano, venendosi così a trovare al di fuori della cerchia muraria; nel 1284, con l’ampliamento della città dell’architetto Arnolfo di Lapo, la chiesa sarebbe dovuta rientrare nel perimetro cittadino, ma l’assedio di Arrigo VII fece ritardare i lavori delle mura che furono completate 50 anni dopo. Nella veduta del 1550

mercoledì 8 aprile 2015

La chiesa di Santa Maria del Carmine



La costruzione
Dedicata alla Beata Vergine del Carmelo, l’antica chiesa fu iniziata nel 1268 come parte del convento carmelitano. L’ordine religioso arrivò a Firenze intorno al 1260 e nel 1267 ricevette da Avegnene Vernaccia nelle mani di Frate Matteo, priore provinciale dei Carmelitani, 300 fiorini e 6 staia del terreno posto nella Parrocchia di San Frediano e una casa: il dono era, infatti, il lascito testamentario del marito della donna, Cione Tifa di Ranieri Vernaccia, probabilmente come pagamento di indulgenza.
Sabato 30 giugno 1268 fu benedetta la prima pietra della costruzione, «que edifucatur ad honorem beate Virginis Marie de monte Carmeli in parrochia ecclesie sancti Fridiani extra  muros civitatis iuxta ipsos muros» (Indizione 11a, documento del Convento del Carmine, Archivio di Stato di Firenze, Fondo Diplomatico, Conventi soppressi, 113).
La realizzazione dell’attuale basilica è il risultato di molti interventi che ebbero luogo nei secoli successivi. Fra il 1328 e il 1330 il comune concesse l’uso del terreno adiacente la quinta cerchia di mura, prima la parte che andava da via Sitorno (ora via della Chiesa) alla porta del Carmine e poi quella fino alla porta vecchia di San Frediano. La vendita del terreno  fu fatta ad un costo piuttosto basso data la scarsa possibilità economica dei frati: da alcuni documenti sappiamo che in quel periodo non erano ancora iniziati i lavori per la croce e che fino al 1390 non esisteva alcuna cappella. Nel 1422 Amerigo Corsini, primo arcivescovo della città, su domanda di Francesco Tommaso Soderini, consacrò la chiesa, benché non fosse ancora «ridotta alla totale perfezione».

giovedì 2 aprile 2015

Lo scoppio del Carro e le pietre del Santo Sepolcro



Leggenda e verità di un'antica tradizione fiorentina

Più o meno tutti, anche quelli che non sono fiorentini, conoscono lo Scoppio del Carro, la tradizionale manifestazione fatta davanti al sagrato del Duomo per il giorno di Pasqua, in cui una colombina, partendo dall'altare della Basilica, spinta da un po' di polvere da sparo, arriva al carro accendendolo e dando avvio ad uno spettacolo pirotecnico, per poi tornare da dove era partita: si dice che se il "viaggio" è senza intoppi il raccolto per quell'anno sarà buono, al contrario, se è interrotto e si ferma, ci sarà magra.
Non ci si deve meravigliare che queste cerimonie abbiamo una valenza sociale legata all'agricoltura, il raccolto era una degli aspetti più importanti della vita, anche nel non tanto lontano passato, e da esso dipendeva il prosieguo della società, così le popolazioni cercavano di ingraziarsi Madre Natura e di prevedere cosa sarebbe accaduto.
Ma da dove nasce questa tradizione? La leggenda racconta che Pazzino de' Pazzi, reduce della Prima Crociata in Terra Santa, fosse tornato con le pietre del Santo Sepolcro e che per festeggiarlo vista la sua impresa leggendaria, i fiorentini avessero costruito per lui un carro su cui trasportarlo in trionfo per la città. All'epoca degli eventi, si raccontava infatti che l'uomo, sotto la guida di Goffredo da Buglione, fosse stato a capo di un folto contingente fiorentino e che fosse stato il primo ad entrare a Gerusalemme issandovi il vessillo crociato. Per questa sua azione Goffredo gli avrebbe conferito la «corona murale», un aureo riconoscimento di origine romana che spettava a colui che per primo aveva varcato le mura nemiche, il diritto di fregiarsi del proprio stemma (ossia cinque croci e due delfini in campo azzurro) e tre piccole pietre appartenenti al Santo Sepolcro.

lunedì 23 marzo 2015

I Macchiaioli



In un locale situato in via Larga (l’attuale via Cavour, 21) si trovava il Caffé Michelangelo, un luogo in cui gli artisti dell’800 si riunivano per discutere d’arte e di politica, quest’ultimo argomento assai diffuso fra gli intellettuali, vista la situazione italiana; e, proprio in quei locali un gruppo di artisti, intorno al critico Diego Martelli decisero di creare una corrente pittorica che uscisse dagli schemi tradizionali, in netta contrapposizione al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo Accademico, provocando così una certa diffidenza da parte dell’Accademia di San Marco diretta da Bezzuoli, chiusa negli schemi scolastici e didattici dell’arte. Si trattava infatti di una «rivoluzione di notevole portata per le sorti dell’arte moderna, e per il dialogo proprio in quegli anni intrapreso fra gli italiani, pertinacemente ancorati al primato del disegno, e gli artisti delle metropoli europee, portati invece all’esperimento e alla libera espressione dell’incalzante progresso sociale e dall’irrequieta palestra» (Carlo Sisi, Presentazione, in Silvia Bietoletti, I Macchiaioli. La storia. Gli artisti. Le opere, Firenze, Giunti, 2005, p. 7)

Telemaco Signorini, Mercato Vecchio (Firenze), bozzetto

I membri del gruppo erano dieci e tutti operanti a Firenze: Serafino De’ Tivoli di Livorno, Cristiano Banti di Santa Croce sull’Arno, Vito d’Ancona di Pesaro, Giovanni Fattori di Livorno, Vincenzo Cabianca di Verona, Giuseppe Abbati di Venezia, Odoardo Borrani,

giovedì 12 marzo 2015

Gli interventi di Giuseppe Poggi per Firenze Capitale d’Italia, la difesa del patrimonio artistico attraverso l’operato dell’architetto Corinto Corinti, il ruolo delle Soprintendenze



Alla fine del XIX secolo, con la proclamazione a Capitale d'Italia, ebbe inizio a Firenze la cosiddetta fase di "risanamento", una grandiosa operazione urbanistica ad opera dello stesso Comune che trasformò letteralmente il volto della città, a spese, purtroppo, del patrimonio artistico, culturale e ambientale.


All'inizio l'intervento di bonifica doveva interessare solo la zona del Mercato Vecchio, rimasta abbandonata con la costruzione dell'attuale Mercato Centrale, e il ghetto ebraico, nel quale ormai però gli ebrei non abitavano più dai tempi dei Lorena e che si trovava in condizioni fatiscenti. Si trattava della zona del centro storico, compreso tra le vie Roma, Calimala, Monalda, Porta Rossa, piazza Strozzi e le vie de' Pescioni e de' Cerretani: l'isolato, un esempio di altissimo valore ambientale esempio di urbanizzazione medievale, si presentava però all'epoca assai degradato e difficilmente vivibile sotto l'aspetto umano e sociale e non mancano, a ragione di ciò, testimonianze dell’epoca in cui viene ben descritta la situazione disagiata in cui si trovava l’area. Oggi raccolti nel libro "Firenze sotterranea", gli importantissimi articoli di Giulio Piccini giornalista de La Nazione conosciuto con lo pseudonimo di Jarro, denunciano lo stato di totale abbandono e degrado di molte zone della nostra città ed i continui atti di delinquenza subìti dagli abitanti: « Chi crederebbe che entro Firenze, città molle e vezzosa che ha per tutto levato grida di miti e dolci costumi, è una Firenze dove stanno in combutta il sicario e il ladro, l’assassino negli intervalli in cui esce dalle galere, e il lenone, il baruffino abietto e atroce; chi crederebbe che v’è una Firenze, dove le catapecchie si ammucchiano e fanno da sé un’orrenda città?».