mercoledì 17 giugno 2015

Sant'Appiano. Il Santo e il suo Battistero



Sul «Mons aureus, Monte dell’oro o Monteloro», questo il nome che tuttora troviamo di quella zona, si ergeva un tempietto pagano di cui si era trovato oltre ai muri di fondazione romana un idoletto in arenaria raffigurante il dio Eros che cavalcava un cane; in epoca cristiana, nel V-VI sec. quel tempio pagano fu trasformato in una primitiva chiesa paleocristiana ed il luogo mantenne l’antica denominazione latina «sancta ad planum» che indicavate un luogo sacro.

da Wikipedia: le colonne, i pochi resti del Battistero, di fronte alla Pieve


Dopo la trasformazione architettonica l’idolo pagano fu sostituito dalla reliquie di un Santo senza nome e chiamato per questo il «Santo al piano»,
Sant’Appiano: un nome abbastanza comune, derivato forse dalla famiglia degli Appi (in una mappa catastale del secolo XV, dell’Archivio dell’Ospedale Degli Innocenti di Firenze, riguardo ad una donazione di alcuni beni, la chiesa, il Battistero e il piccolo Borgo sono indicati con la dizione italiana «Sant’Alpiano», Nota n. 4, pag. 43).  La conferma dell’esistenza di questo Santo viene confermata con il fortuito ritrovamento di un diario, nel ripostiglio di unacucina, dal Pievano Pier Francesco di Guccio Gucci da Firenze nell’anno 1611, e che si rivelò un importante documento storico: come scriveva il Gucci «quello che si sapeva per tradizione dei vecchi, che fin dalle origini là nell’Altare maggiore vi fosse il corpo di Sant’Appiano. Pag. 44.» trovando conferma nella realtà, quando «l’anno in cui morì Papa Clemente VIII° (1605) il M. R. Messer Francesco Muzzi da Poggibonsi, Piovano di Sant’Appiano, volendo dotare la chiesa di un altare più ricco e ornato, ordinò la demolizione del vecchio altare».
Al momento della demolizione fu redatto un documento sottoscritto da i presenti tra i quali oltre i rappresentanti di Parroci, pievani e laici anche il pittore Giovan Battista Rigetti, ideatore del nuovo altare, ritrascritto dal Gucci.
Nel deposito, sotto l’altare, fu trovato «la cassa di legno commesso senza chiodi né aguiti, avvolta in un candido lino, così come si diceva dai vecchi che fosse la cassa delle reliquie di Sant’Appiano». «A contatto con l’aria il panno di lino si annerì e si dissolse in polvere: le ossa erano raccolte, con al centro il teschio. pag. 45/47». Dal diario del Gucci risulta che oltre il corpo del Santo vi erano due cassettini pieni di reliquie con loro polizze e nomi e infra le altre vi erano Capelli e Velo della Madonna, una Spina della Corona di Nostro Signore dentro una boccia di Cristallo di Montagna il Teschio di S. Policarpo V. M. Nota n. 7, pag. 44. L’altare era certamente della fine del XII secolo, quando la chiesa fu distrutta dalla caduta del campanile il 28 maggio 1171. Finalmente il mistero del Santo senza nome venne svelato: probabilmente questo Pio uomo era andato per le campagne, ancora rimaste legate al paganesimo, per portare la nuova novella. 

da Wikipedia: uno dei capitelli con la figura del pastone del Pellegrino


Dell’antica Pieve romanica sono rimasti ben poche ma significative testimonianze perché durante il terremoto del 1805 subì molti danneggiamenti e, come accade oggi accadeva anche nel passato, il costo dell’opera di ristrutturazione era da chi di competenza  eccessivo, e si preferì la demolizione fregandosene di eliminare un patrimonio unico; per fortuna della sua struttura ci parla in una lettera inviata al Segretario di Stato Giuseppe Pelli, datata 27 Ottobre 1779, Marco Lastri, nella quale descrive il Battistero di Sant’Appiano fin nei minimi particolari, la lettera dice: «Di questo luogo vi rammento solo l’antichissimo Battistero separato dalla detta Pieve e dirimpetto alla medesima, siccome è il nostro S. Giovanni e quello di molte cattedrali e chiese insigni. Questo è certamente uno dei più bei monumenti cristiani e merita egli solo un viaggio di qualsiasi dilettante in siffatta erudizione. Egli è di figura ottagona di pietre quadrate senza intonaco né dentro né fuori, e con due piccole porte, una in faccia alla Pieve e l’altra che è la principale a mezzogiorno. Nel mezzo del tempio, che nel suo interno è largo 17 braccia, è collocato il Sacro Fonte di figura tonda al di fuori e nell’interno con quattro semicerchi o pozzetti, a cui si sale per due gradini. Sopra di esso si solleva una svelta cupoletta di figura conica sostenuta da quattro leggiadre colonne, cischeduna composta di quattro metà e con i capitelli ove sono scolpiti diversi geroglifici, come il Buon Pastore e la pecora, la colomba, il T e un cerchio partito da due diametri. Il restante è una volta con lavagne al di fuori.
Dirimpetto alla porta di mezzogiorno sono le tribune che occupano tre lati dell’ottagono alle quali si sale per due scale laterali che terminano in un piano di poche braccia nel mezzo del quale è un Altare isolato di figura quadra e sostenuto da cinque colonnelli. Sotto l’accennato ripiano riesce una cappelletta mezza sotterrata ad uso di confessione (sepoltura dei Martiri) secondo l’antico rito cristiano. Nota n. 1, pag. 35».
La descrizione appena fatta trova confermata dagli scavi condotti dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze in cui risultò che questo Battistero non era altro che l’antica chiesa paleocristiana a pianta centrale di forma ottagonale, di cui tre lati semicircolari costituivano il presbiterio trìcoro (tre absidi grandi uguali), indipendente dal resto della chiesa, con l’altare del coro centrale sopraelevato sotto del quale si trovava la confessione,cioè il sepolcro di chi è dedicata la chiesa

da Wikipedia: un capitello con due Croci


Si è ipotizzato che la scelta del trìcoro sia a simboleggiare il cammino che l’uomo fa partendo dal Battesimo fino all’Eucarestia essendo questo distante dalla Vasca o Piscina Battesimale (la cui forma era in relazione ad un concetto simbolico. Nella forma quadrata e rettangolare si rievocavano la tomba di Cristo, i quattro Evangelisti, la quattro parti del mondo, le quattro lettere del nome di Dio in ebraico, JAVE’; nella forma a croce, la morte del Redentore che allude alla morte del peccato nel battesimo; la forma poligonale o circolare a simboli cosmici. Nota n. 24 pag. 54.)  collocata al centro dell’ottagono, figura geometrica che, secondo S. Ambrogio allude all’ottavo giorno del dramma della Passione di Gesù, il giorno della Resurrezione (da nota 24 pag. 54), posta sotto la cupola che è sorretta da quattro pilastri cruciformi presso la porta a mezzogiorno.
Incisi sopra i capitelli di questi pilastri troviamo figure che ci riportano alle verità del Credo: il triangolo equilatero, tre cerchi uguali disposti a triangolo simboleggiano l’unità di Dio nella natura e della Trinità nelle persone; il triangolo equilatero diviso a metà, la doppia natura di Gesù; il Tau (il bastone del pellegrino fa supporre che in quei luoghi ci fosse il passaggio di questi, dato la vicinanza can la Via Francigena), la croce di Sant’Andrea e la croce ancorata, il Mistero della Salvezza; la città chiusa in una cerchia di torri e di mura, la Città celeste; l’ibrido dal volto e ali di rapace e con il corpo e le zampe di leone e coda di serpente, le virtù della Sapienza, Fortezza e Prudenza.
Tra i simboli che non sono più visibili, il Lastri ci racconta che c’erano anche il Pastore, la pecora e la colomba, tutte immagini che ci riportano ai primi influssi del cristianesimo.
Anche se attualmente questo monumento non è visibile tranne che in pochi resti, leggendo la lettera che questo signore ha scritto con tanto entusiasmo, possiamo, se ancora ci è rimasto un po’ d’immaginazione, ricostruire l’edificio guardando in loco le poche ma interessanti vestigia.

Bibliografia
Sant’Appiano, Un’antica pieve in Val d’Elsa, Associazione comunale area fiorentina, Atti e documenti/19,  Firenze 1987

di Chiara ed Enzo Sacchetti

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