L’appellativo
di “Scheraggio” dato alla Chiesa di S. Piero deriva dal fatto che in
prossimità di questa c’era una fogna, la quale raccoglieva, prima di finire
nell’Arno, le acque della Città: come asserisce Giovanni Villani nel suo terzo
libro al capitolo due; denominazione confermata anche dagli atti di vendita di
case poste accanto alla Chiesa che dicono: «prope Scheradium , sive fogna»,
oppure in un Diploma del Vescovo di Firenze Rinieri, riferito dall’Ughelli nel
Tomo III, il quale dona al Monastero di S. Pier Maggiore la Chiesa definendola sempre
con questo appellativo: «Ecclesiam S. Petri ad Holagium».
Pianta della chiesa di San Pier Scheraggio |
Nella
ricerca di altre notizie che confermino l'antichità della Chiesa, Capo, fra
l'altro, di un Sestiere di Firenze, il Villani ci racconta che nel X secolo le
tasse cittadine erano centomila fiorini l’anno da dividere appunto in proporzione
tra i vari Sestrieri e le competenze che riguardavano S. Pier Scheraggio
erano
di ventitremila: sappiamo che il passaggio dell'assetto urbano da Sestrieri a
Quartieri è datato circa nel periodo della cacciata del Duca di Atene nel 1343,
e quindi la chiesa doveva essere anteriore (e di molto) a tale momento. Un
altro elemento è la distruzione di Fiesole che mise fine al continuo conflitto con
Firenze: nel 1010, in una tregua fra le due parti, i Fiesolani durante i
festeggiamenti di San Romolo, considerato il primo Vescovo della Città,
aprirono le porte cittadine a tutti i "vicini", fiorentini compresi,
ai quali parve il momento migliore per un colpo di mano contro i nemici. La
mattina della festa, con la scusa di assistere ai festeggiamenti, fecero
entrare molti giovani, fra cui molti fiorentini, mentre altri aspettavano
nascosti il momento buono per intervenire: fatto il segnale entrò in azione l'esercito,
mentre i Fiesolani, presi dalla festa, pensavano inizialmente a qualche baruffa
e non si preoccuparono di niente: quando però videro i soldati a piedi e a
cavallo con le bandiere al vento non restò loro altro da fare che rifugiarsi
nella Rocca e difenderla. L'assedio durò qualche giorno e alla fine fu fatta la
resa: l'antica città di Fiesole fu quindi spianata delle sue difese, spogliata
di tutti i suoi averi che furono portati in Firenze, compreso il Carroccio,
simbolo della Città, e collocato sulla facciata della chiesa di San Pier
Scheraggio, come scrive Giovanni Villani nel suo Lib. IV. c. V. «Et intra le
altre cose ne recarono i Fiorentini il Carroccio del marmo che è nella fronte
di S. Pier Scheraggio , in Firenze» perché ciò che era di legno in passato
rimanesse per sempre nel marmo. Fra i beni confiscati si parla anche di un raro
Pulpito o Ambone collocato nella Chiesa Fiesolana, tutto di marmo lavorato a
bassorilievi portato poi in questa Chiesa perché questi due trofei potessero essere
visti anche dai posteri: questa decisione sarebbe a conferma della
configurazione di questa ad antica Basilica, dando spunto a Monsignor Vincenzo
Borghini nella parte seconda dei suoi discorsi a pag. 410 di dire che dopo S.
Giovanni e S. Reparata fosse la più grande e bella [chiesa] ed aggiungendo
anche, che nessuna Chiesa in Firenze era più vicina alle regole date da
Vitruvio per la costruzione di una Basilica: lunga ottantacinque braccia e le
sue navate grandi rette da colonne di macigno di Ordine Composito che ancora si
possono vedere nella laterale Via della Ninna, con finestre lunghe e strette
come era d’uso nelle costruzioni dei primi Cristiani, che volevano che le
Chiese fossero buie. Veduta della chiesa di San Pier Scheraggio da Fabio Borbottoni |
Ancora
altri documenti ci comprovano la sua antichità: uno lo riporta il Cerracchini
nella Serie di Arcivescovi a pag. 53 riferendo della sua Consacrazione
commissionata da Papa Alessandro II nel 1068 a Ridolfo Vescovo di Todi Amministratore
del Vescovado Fiorentino e, l’autore ci riporta le sue stesse parole scritte: «si
sa però , che egli nel 1068 consacrò l’antica Chiesa di S. Piero Scheraggio ,
come si vede da un Cartello in Sacrestia manoscritto di carattere antico»; di
questo documento non si trova più traccia e ci viene tramandato come è stato
trovato riscritto:
«Jesus
Hec
Basilica S. Petri Scheradii Floren. dedicata est jussione Domini Alexandri P.
II. a Ven. Rodulfo Tudertine Ecclesie Episcopo , manistrantibus sibi Clericis
Florentinis an. ab.Incarnatione Domini 1068. Ind. 7 in
honorem S. Dei Genitricis Marie , et BB. Petri Andree et
Jacobi . Qui predictus dedicator ab ipso pueritie sue fuo usque ad Episcopatum
in maiori Ecclesie Flor. feliciter Deo vixit . Quique tam istud , quam cetera
Altaria cum Sanctorum nominibus , quei bi continentur Canonicis sibi devotissime
confignavit . IV. Kal . Jan.».
È
doveroso rammentare anche il suo antico cimitero, del quale si vedevano ancora,
al tempo dell’autore, i resti nella corte dalla quale si entrava nella sede
della Compagnia degli Stipendiari, anch'essa, un tempo, parte del camposanto con
lapidi che erano dentro e fuori e ammucchiate l’una sopra l’altra in un
corridoio, situato nel sotterraneo lungo quanto tutta la Chiesa alto tre braccia dal
pavimento al soffitto.
In
questa Chiesa si svolgevano le adunanze dei Signori, prima della costruzione
del Palazzo di Piazza, la cui costruzione fu finita nel 1300 circa: qui
venivano trattati tutti gli argomenti della politica fiorentina sia per la pace
che per la guerra; ma anche dopo il loro insediamento nel Palazzo, sempre in
questo luogo si svolsero funzioni della Repubblica, come avvenne nel 1374 ove i
nuovi Priori col Gonfaloniere presero possesso del nuovo governo, oppure nel
1509 dove nella sua Canonica vennero ospitati gli Ambasciatori di Pisa venuti a
trattare con Firenze.
Ricostruzione della chiesa di Massimo Tosi |
Uno
dei Priori di questa Chiesa fu l’artefice dell’incendio avvenuto il 10 Maggio
1304, iniziato da via Calimala si estese per il Mercato Nuovo e il Ponte
Vecchio fino a tornare indietro verso S. Pier Scheraggio, distruggendo
millesettecento case con le loro ricchezze di merce, valori e libri; autore di
questo sacrilegio fu il Ghibellino nemico di Firenze Neri degli Abati, anche se
a rivendicare il suo operato altri Priori hanno avuto meriti eccellenti, come
Filippo di Neri di Filippo di Guido dell’Antella, che per i suoi meriti da Papa
Clemente VI fu fatto Vescovo di Ferrara nel 1349 ed in seguito trasferito a
Firenze: di lui ci racconta Franco Sacchetti nella novella 171, annotando che proprio
lui a far costruire nel Duomo l’Altare di S. Bastiano, portando da Roma un dito
del Santo e donandolo alla Cattedrale.
La
distruzione di questa Chiesa fu opera di Cosimo I de’ Medici nel 1561, con la
sua idea di riunire in un solo Palazzo tutti i tredici Magistrati, incaricando
per il disegno Giorgio Vasari che per sua sfortuna non lo vide mai finito
essendo questi morto nel 1574 e terminata da Alfonso Parigi.
Per
la sua costruzione venne distrutta parte di S. Pier Scheraggio ed il rimanente
inglobato nella costruzione degli Uffizi, edificio maestoso per la sua grandezza,
lungo braccia 246, la sua facciata sull’Arno lunga braccia 60 e le logge nei
due lati larghe braccia 13 e 18 mentre la lunghezza dei vani braccia 17; gli
archi retti da pilastri e frammezzate colonne ed a ciascun pilastro largo
braccia 4 fu fatta una nicchia per contenere la statua di un personaggio
fiorentino, mentre sulla testata della costruzione vennero poste una statua in
marmo di Cosimo I con in mano lo scettro, opera del Giambologna, ed altre due
che rappresentano la “Giustizia” ed il “Rigore” fatte da Vincenzo
Danti Perugino. L'intero complesso delle opere assieme alla costruzione dimostrano
sia la capacità architettonica del Vasari che il potere della Famiglia Medici:
il tutto per la “comodità pubblica”, come venne scritto nelle medaglie
gettate nelle fondamenta il 14 Luglio 1561, medaglie che per nostra fortuna ne
sono state rinvenute alcune di cui una in rame con sopra un lato il ritratto di
Cosimo I con l’anno 1561, mentre sul retro gli Uffizi con la scritta “Publicae
commoditati”. Della antica chiesa di San Pier Scheraggio oggi resta molto
poco: nonostante l'enorme distruzione sotto il loggiato, verso Palazzo Vecchio
una porta dava e ancora da la possibilità di entrarvi e vedere ciò che resta
del suo originale splendore e, di alcuni restauri eseguiti dei quali siamo
venuti a conoscenza grazie ai Padri Inquisitori di Firenze i quali avevano il
Padronato di questa Chiesa.
Abside della chiesa |
La
causa del suo declino si deve attribuire a due avvenimenti importantissimi per
la storia di Firenze. Il primo fu la costruzione nel 1297, di un Palazzo,
commissionato dalla Repubblica ad Arnolfo Lapo per il Supremo Magistrato del
Popolo, il quale in precedenza faceva le riunioni sia nelle Chiese che in case
private, principalmente in quelle della Famiglia de’ Cerchi, dietro S. Romolo.
Per
la costruzione del Palazzo si doveva occupare una parte della piazza verso
sinistra da come lo vediamo oggi, ma questa essendo in origine costituita dalle
case della Famiglia degli Uberti, ribelli e Ghibellini, distrutte dai
Fiorentini ed essendo ancora vivo l’odio che la gente portava verso questi, non
fu concesso all’Architetto di edificare in quel punto, obbligandolo a spostarsi
verso la Chiesa quindi ma allo stesso tempo costringendolo all’abbattimento di
una Navata, come è possibilesi può leggere nella “Vita di Arnolfo”
scritta dal Vasari, che racconta: «potette tanto la sciocca caparbietà di
alcuni , che no ebbe forza Arnolfo per molte ragioni , che allegasse , di farsi
, che gli fusse conceduto almeno mettere in isquadra il Palazzo , per non aver
voluto chi governava , che in modo nessuno esso avesse i fondamenti in sul
terreno degli Uberti Ribelli , e piuttosto comportarono , che si gettasse per
terra la Navata
di verso tramontana di S.Pier Scheraggio». Ma non tutti sono convinti di
questa soluzione: lo storico Richa fa notare, infatti, che lo spazio tra il
Palazzo e la Chiesa
era più che sufficiente per far passare una strada, senza contare che sembra impossibile che nel già
‘300 la costruzione fosse così malridotta, dato che fino al ‘400 i Signori vi
avevano fatto delle Funzioni, dando più credito a Leopoldo del Migliore che
stabilisce il suo abbattimento nel 1410, mentre Stefano Rosselli ne da una
motivazione più chiara dicendo: «Essendone circa 300. anni sono stata levata
la Nave verso
Tramontana per allargare la strada , che passa tra quella ed il palazzo dei
Signori». Il fatto è certo sia che questo sia avvenuto cento anni prima o
dopo dato che la Chiesa
perse in questo modo il suo antico splendore visto che la Repubblica non si
limitò soltanto a questa deturpazione ma ordinò, dato che la sua riduzione a
sole due Navate l’avrebbe ulteriormente deturpata e resa decise di ridurla ad una sola, eliminando
anche quella di mezzodì, dandola ad una Compagnia che la tenne fino a quando con
la costruzione degli Uffizi furono eliminati introducendo nei locali il
Magistrato dei Nove; questa nuova distruzione fece si che si perdessero assieme
all’altra parte affreschi e lapidi.
Particolare di una colonna |
Con
le due navate abbattute e la sua proporzione ridotta, la Chiesa faceva ancora buona
mostra di se con la sua Loggia, Campanile e Canonica, fino al 1561 quando il
Duca Cosimo I, iniziati gli Uffizi fece abbattere per fare un Teatro, Case,
Canonica, Campanile e Loggia, facendo anche tagliare la Chiesa verso la Porta , perdendo il Carroccio
Fiesolano che ornava la facciata sia le varie sepolture di uomini illustri.
Le
sue vicissitudini continuarono, perché nel 1581 perduto l’Ius
parrocchiale e il titolo di Prioria, il quale venne concesso e condiviso fra le
Chiese di S. Remigio e S. Stefano al Ponte, con una Bolla di Papa Gregorio XIII
e, data in mantenimento, lo stesso anno al Padre Inquisitore di Firenze
concedendogli anche l’Ius Padronato della Chiesa di S. Lionardo di Arcetri
un tempo di possesso di S: Pier Scheraggio.
Particolare laterale di una monofora affrescata |
I
resti di questa Basilica furono conservati dagli Inquisitori, ed erano entrando
a manritta (destra) si trovava la Cappella de’ Sangalletti
, successivamente passata alla Famiglia de’ Cocchi Donati con una Tavola
eseguita da D. Lorenzo Camaldolese che rappresentava “Maria col Bambino ed
alcuni Santi”; ed a questo Altare il 7 Gennaio c’era l’obbligo di far dire
alcune Messe ed una Cantata alla presenza del Possessore della Commenda
Sangalletti chiamata “Santa Gonda”, ed inoltre si doveva distribuire a quaranta
poveri sette soldi ad ognuno come diceva il testamento di Monsignor Gualtiero
Sangalletti; Tesoriere e Primo Cameriere di Papa San Pio V e, volle che alla
festa fosse presente il Cancelliere per rogare l’atto di Adempienza al Fatto,
mentre nella sagrestia si conservava una tavola con sopra scritto:
«A
Gloria di Dio sempre Laudato, Temuto, e Ringraziato»
«Adì
VII. Del mese di Gennaio . Si deve celibrare nella Chiesa di S. Piero Scheraggi
di Firenze un Anniversario funerale , con Messa Cantata , e Messe quattro piane
alla Cappella della Famiglia de’ Sangalletti antichi sepoltuari in detta Chiesa
. Ed in detta mattina si debbano distribuire numero XL elemosine di soldi VII.
per ciascheduna a XL dei più Poveri mendicanti della Citta , e tutto in suffragio
dell’anima di Monsignor Guglielmo Sangalletti , alla qual funzione deve
intervenire quello , che in detto tempo sarà Commendatario della Commenda
Sangalletti nella Sacra Religione de’ Cavalieri di Santo Stefano , e tutto in
conformità del Testamento di detto Monsignor Sangalletti . Rogato ....... in
Roma .....CI+I+LV».
La
seconda Cappella era detta della “Ninna” e della “Madonna del Cantone”
con un’immagine della “Madonna”, un’opera attribuita a Cimabue, messa dentro un
Ovato con intorno storie dipinte da un ignoto autore.
La
terza Cappella apparteneva al Marchese Rinuccini che in origine apparteneva
alla Famiglia de’ Benvenuti, detta “la Cappella della Visitazione”, ossia l’Altare di
Mona Agnoletta Benvenuti, come sta scritto nelle Decime Ecclesiastiche e, la Tavola esposta era opera
Filippo Lippi sulla quale ha raffigurato “Maria, S. Francesco, l’Arcangelo
Raffaello e, una Santa genuflessa” con il volto di Agnoletta Benvenuti;
l’ultima Cappella su questo lato era dedicata a S. Antonio da Padova, fatta
fare dai Padri Inquisitori: dalla parte opposta, sempre partendo dall’ingresso
la prima Cappella apparteneva in origine alla Famiglia Carnesecchi Duranti ma
al momento all’Arte dei Mercatanti con una tavola antica alla “Gottica” e,
Mariano Neri di Durante lasciò due Doti di dieci fiorini d’oro nel 1462 per le
giovani del Popolo di S. Pier Scheraggio con un testamento rogato da Ser Pietro
di Firenze, proseguendo si trovava la Cappella di S. Maria Nuova con l’Arme di questa,
una “Gruccia”, con un quadro che rappresentava “Maria col Bambino e S.
Sebastiano”, un opera di Totto detto della Nunziata; la terza era dei
Buonafede, e sul suo Altare una “Nunziata” con sul fondo scritto: «Francesco
Brini Madonna di S. Maria delle Grazie»; seguiva la Cappella della Famiglia
de’ Castellani con un opera di Francesco da Poppi rappresentante la
“Purificazione di Maria”.
Proseguendo
si salivano due gradini e si trovava un ampia Tribuna con l’Altar Maggiore in
Isola, rinnovato nei suoi ornamenti nel 1743 da Giuseppe Penni: di originale
della antica Chiesa vi erano le Predelle in due ordini e, nel primo vi si
trovavano le storie della vita di S. Pietro credute dipinte dal Giotto, mentre
nel secondo delle piccole figure attribuite al Poppi e, si deve aggiungere che
intorno alla Tribuna si trovavano sulle pareti le Armi della Famiglia dei Della
Luna.
Dalla
parte dell’Epistola si trovava una porta che mediante una scala portava nella
“corte di levante” che anticamente era il Cimitero ove sul un muro si trovavano
delle Lapidi Sepolcrali e da un lato sopra a terra il Sepolcro dei Castellani
con un iscrizione e, sopra un ingresso un affresco con l’immagine di “Maria”
fatto dal Sagrestani: da questa corte si entrava alla Compagnia degli
Stipendiati, dove sull’Altare si trovava una Tavola dipinta.
Rientrando
nella Chiesa erano visibili delle Lapidi sul pavimento ed alla porta quella di
Silvestro di Michele Nardi avo dello storico con scritto:
«HOC EST SEPVLCRVM SILVERTRIS MICHAELIS NARDI ,
ET
SVORVM QVI OBIIT ANNO DOMINI MCCCC
DIE
XXV MENSIS IVLII»
più
avanti, nel mezzo al pavimento la
Lapide con Epitaffio di Lorenzo Gori:
«D. O. M.
LAVRENTIO GORO
CIVI OPTIMO
SIBI ET POSTERIS
ZENOBIVS
FRATER PIVS CONDIDIT.
NATVS QVATVOR
ET OCTVAGINTA ANNOS
OBIIT KAL. APR.
ANNO SAL. NOSTRÆ
MDI»
a
seguire quello dei Migliorati, un sepolcro con un basso rilievo di Pandolfo
Della Luna Priore, dei Conti Guidi e le armi delle Famiglie degli Alberti, dei
Buonaccorsi, dei Baroncelli, dei Vernaccia, dei Filiberti, dei Talenti e, lo
stesso Pulpito o Ambone portato da Fiesole di cui tre pezzi formavano il
Pulpito della Chiesa ed altri tre erano murati nei locali della Compagnia degli
Stipendiati e vi sono raffigurati i “Misteri della vita di Gesù” in bassi
rilievi che l’autore fece incidere sul rame per far vedere il lavoro degli
scultori del IX secolo con sotto ciascun “Mistero” si trovava scritto un verso
che per sfortuna ne erano rimasti leggibili soltanto tre che dicevano:
«Tres
Tria dona ferunt , trinum de fidere querunt,»
«Nobis
admixtum cernunt animalia Christum»
«Angeli
pendentem deponunt cuncta gerentem»
Col
passare degli anni altre modifiche e restauri sono stati apportati a questa
Chiesa, durante degli scavi è stato trovato sotto il pavimento i resti di una
Chiesa Longobarda mentre ai lati di una Monofora si possono vedere degli
affreschi che raccontano la Vita di Gesù ed altre opere
che sono state staccate da Villa Pandolfini.
di Enzo Sacchetti
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