mercoledì 20 maggio 2015

Gropina


La derivazione del nome Gropina è di origine incerta: sappiamo che gli Etruschi che vivevano nella zona la chiamarono Krupina, ossia Villaggio, ma alcuni ritengono la sua etimologia dal torrente che scorreva e scorre tuttora più a valle, ossia il Ciuffenna, altri, invece, da Cerfa, Cerfenna che significa Cerva o, dal nome del dio umbro Cerfo che controllava la crescita dei raccolti oppure da un nome proprio, Clufennius, dal latino ma sempre di origine etrusco.
Con l’avvento del Cristianesimo e il riconoscimento di questa religione con l’editto di Costantino nel 313, nel Valdarno, come in altri luoghi, sorsero le prime chiese (chiamate così da ecclesia, termine greco che significa "assemblea" o "riunione di fedeli"): così lungo la Cassia Vetus troviamo le pievi di Cascia, Piandiscò, Gropina, San Giustino; quella di Gropina risale al V-VI secolo, probabilmente fondata sopra una domus (il nome pieve deriva da plebs-popolo indicante una chiesa dotata di fonte battesimale anche se prima dell’VIII secolo queste sono chiamate baptisteria e solo dopo plebes dalle quali nell’alto Medioevo dipendevano cappelle e chiese minori, ed in seguito anche queste saranno amministrate dalle parrocchie).
La prima chiesa battesimale, edificata intorno al VI secolo era absidata con un'unica navata di circa tredici metri di lunghezza per sette di larghezza e priva di campanile (costruzione che troviamo accanto alle chiese a partire dal IX-X secolo); tracce di questa sono visibili sotto l’attuale pavimento scoperte negli scavi del 1968-1971. 
da Wikipedia: la facciata della pieve di Gropina

Dopo la conquista di gran parte dell’Italia da parte dei Longobardi e in seguito alla loro conversione al Cristianesimo sotto il regno prima della regina Teodolinda (570-627), di suo nipote Ariperto I re dal 653-661 poi, e infine il re Liutprando (712-744) ci fu un grande impulso per la costruzione di nuove chiese: a Gropina
venne costruita una pieve più grande, probabilmente sotto il regno di quest’ultimo, e inglobando quasi del tutto quella Paleocristiana, ma mantenendo forse l’antica dedicazione a San Pietro.
I ritrovamenti negli scavi del 1968- 1971 hanno messo in luce che l'edificio era composto da due navate absidali in cui quella di destra era più corta e più stretta dell’altra e collegate da almeno due grosse colonne e, che la zona presbiterale è sopraelevata e un piccolo sepolcreto si trova al livello inferiore composto da diverse tombe in pietra tra cui una con lastra di arenaria scolpita con una croce a bassorilievo dalla tipica forma longobarda a bracci patenti, cioè allargati alle estremità, con quelli laterali più corti dei verticali; attualmente si può vedere nel sottosuolo, oltre al sepolcreto, parte delle scale della navatella, l’abside intorno ai resti della prima chiesa e le colonne frammentarie longobarde.
Uno degli elementi più belli della chiesa è il pulpito di epoca tardo longobarda (la parte originale è quella frontale) che in origine era collocato contro una balaustra forse a specchiature lisce separate  da lesene, che delimitava la zona presbiteriale sul lato destro chiamato in cornu epistuale dai  fedeli con tre gradini, decorato con materiale di recupero, probabilmente della precedente costruzione, scolpito a bassorilievi con spirali, rosette e una figura di animale; sopra una piccola base poggiano due colonne annodate e un piccolo capitello a fascia dette ofitiche da greco òphis serpente”: questo motivo è legato ai maestri Comancini e all’ordine Cistercense (ordine fondato nel 1098).
Uno studio approfondito di esperti riguardanti questa opera ci porta alla S.S. Trinità: il Padre e il Figlio uniti allo Spirito Santo (il nodo), mentre, il doppio capitello alla doppia natura del Cristo, quella umana e quella divina, su questo sono rappresentate dodici figure che rappresentano i dodici apostoli in ginocchio che stanno ricevendo la Pentecoste, raffigurata da dodici fiamme triangolari (il triangolo rappresenta la S.S. Trinità) stilizzate dell’abaco, nelle quali sulla quinta fiamma a partire da sinistra troviamo rappresentato un bue, simbolo di San Luca, l’evangelista che ci narra l’avvenimento. 
da Wikipedia: l'interno della pieve di Gropina

La parte bassa è scolpita a bassorilievo con rami di quercia che rappresenta la continuità sia della fede che della virtù; sopra di questo ci sono tre simboli riguardanti gli altri tre evangelisti: dal basso si trova il leone senza le ali di Marco che rappresenta la dignità regale del Cristo, l’angelo di Matteo, la natura umana di Gesù, e l’aquila di Giovanni, cioè l’ascensione o la natura divina di Gesù; l’approfondito studio da parte di Carlo Fabbri ha potuto stabilire che questa opera è stata commissionata dal prete Bernardo nell’anno 825.
Cessata la dipendenza dal monastero Nonantola, cui era stata affidata da Carlo Magno tra il XII e il XIII secolo, avviene la costruzione dell’attuale chiesa Romanica, della quale non è stato trovato una data precisa anche se sul campanile troviamo inciso in numeri romani l’anno 1233 e sull’architrave del portale d’ingresso l’anno 1422, forse la data di successivi rimaneggiamenti.
La facciata della pieve è costruita in conci di arenaria liscia e la parte centrale è più alta delle laterali facendo, a colpo d’occhio, capire che è costituita da tre navate; il portale d’ingresso è fiancheggiato da un altro più piccolo, posto sulla navata di destra, mentre danno luce all’interno due monofore e una bifora e sopra di questa un oculo sormontato da una testa maschile che la leggenda attribuiva a Matilde di Canossa, ma che probabilmente era un reperto funebre romano. 
Una delle parti più belle della costruzione è la parte esterna dell’abside circondata da arcate cieche definite da lesene e sormontata da una loggetta con archi a sesto rialzato detti anche a ferro di cavallo, e sorretti da dodici colonnette (come dodici apostoli) separate al centro da un gruppo di colonne ofitiche simili a quelle del pulpito. 

da Wikipedia: il pulpito della pieve di Gropina

L’interno è austero diviso in sette campate con archi a tutto sesto sorretti da quattro colonne monolitiche e da due pilastri quadrangolari per navata cioè dodici in tutto rappresentano, anche questi, probabilmente i dodici apostoli che sorreggono la chiesa, pure i capitelli di questi sono una allegoria di simboli come ad esempio il Capitello della Chimera o dell’Orso, che possiede una coda bipartita che gli esce dalla schiena la cui parte più corta termina a forma di lancia e si volge a sinistra, mentre la più lunga si attorciglia alle zampe anteriori e la testa dell’animale è rivolta verso l’ingresso; se questo animale è l’orso il suo significato è ambivalente rappresentando il male, la crudeltà e l’avidità, ma anche la resurrezione e il potere di rigenerare e la trasformazione del cristianesimo sui pagani perché in primavera esce dalla tana con un piccolo; se invece è la Chimera, anche in questo caso il significato e duplice, il male sconfitto (Dio) e le stagioni con la loro triplice natura; l’estate con la forza del leone, l’inverno nel serpente che simboleggia la terra e l’oscurità, la capra l’autunno: sarebbe comunque un simbolismo pagano riutilizzato dal cristianesimo. Il capitello Corinzio, con le sue foglie di acanto, rappresentanti per il cristianesimo la vita, l’immortalità ma, le sue spine la sofferenza, il peccato e la sua punizione. Capitello dei draghi, con quattro figure una maschile e tre femminili posti agli angoli e circondati da draghi con le code intrecciate e le zampe che vanno a coprire le parti intime delle figure, interpretato come il capitello dell’Inferno con il maschio Lucifero e le femmine la lussuria. Il Capitello delle Aquile, animale che in antico era l’uccello psicopompo che accompagnava le anime nell’Ade; mentre nel cristianesimo è paragonato al Cristo, ma anche il rapace distruttore che rapisce le anime conducendole alla dannazione eterna, anche negli altri capitelli è un susseguirsi di simbolismi. La copertura della pieve è a capriate, tranne per la copertura vicino all’abside voltate a crociera, dove sono situati i due altari laterali; quello di destra dedicato alla Santissima Maria e l’altro al Sacro Cuore, mentre l’altare maggiore ai S.S. Pietro e Paolo: sul lato destro della costruzione sono addossati sia la sacrestia che il campanile.
Le aperture che danno luce all’ambiente sono nell’ordine inferiore sei piccoli oculi mentre in quello superiore tre monofore chiuse anziché da vetri, da sottili lastre di alabastro, materiale considerato nel mondo classico divino, mentre per i cristiani diviene la pietra di Dio ed il sole che entra dall’abside, posta ad est, diffondendo lentamente i suoi raggi per tutta la pieve rappresenta il Cristo che, con la sua parola squarcia le tenebre del peccato.
Antiche voci popolari raccontano che su questo luogo si trovasse un tempio dedicato a Diana Cacciatrice ma in ogni modo, questo luogo è un piccolo gioiello di storia e di architettura e simbolismi che ci racconta un'evoluzione artistica di svariate centinaia di anni e che meriterebbe essere visitato.

di Chiara ed Enzo Sacchetti

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