martedì 21 aprile 2015

La chiesa di San Miniato al Monte



La storia
San Miniato è considerato il primo martire fiorentino, giustiziato nel 250 d.C. Secondo la leggenda dopo essere stato decapitato, avrebbe preso la sua testa fra le braccia e, attraversando l’Arno, si sarebbe diretto verso il Mons Florentinus, dove sarebbe crollato in un piccolo cimitero; qui adesso sorge la basilica a lui dedicata. Ecco cosa racconta il Drogone riguardo alla sorte di Miniato: «[...] Troncatogli il santissimo capo, con felice destino ebbe la sventura di passare dalla mortale alla vira eterna. Il corpo del beatissimo martire, alzatosi dal luogo del supplizio e prendendo tra le sacre braccia il capo mozzo, accompagnato da un corteggio di angeli salì il monte sul quale, prima della sua passione, era solito servire Dio onnipotente; e qui con chiarissimo e ammirevole proposito disse di voler attendere il giorno dell’ultimo giudizio».
Prima dell’attuale costruzione religiosa era presente una chiesuola accanto ad una cella, come lo stesso Davisohn  ritiene, eretta sulla tomba del santo dopo il riconoscimento del cristianesimo nel 392 d.C. con l’Editto di Teodosio. Il corpo del martire, infatti, era stato seppellito da alcuni compagni sfuggiti alla persecuzione ed era diventato luogo di devozione. Sappiamo, inoltre, che nel 781 Carlo Magno insieme alla moglie Ildegarda vi fece visita e che la donna, mediante delle preghiere, ricevette delle grazie. A quel luogo lo stesso sovrano restò molto legato, tanto che in un documento successivo (non sappiamo bene se nell’anno della morte della consorte nel 783 o tre anni dopo) fece dei lasciti alla chiesa: «Carlo per grazia di Dio re di Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, a tutti i nostri fedeli presenti e futuri. [...]
sappia ciascuno di voi ciò che per amor di Dio e di San Miniato, e in suffragio dell’anima della mia direttissima consorte Ildegarda, diamo in elemosina alla basilica del predetto martire di Cristo, Miniato, posta in Firenze, dove riposa il suo venerabile corpo, e di cui è custode il sacerdote Aderiso: cioè quattro case che appartengono alla nostra città di Firenze, una masseria situata nel territorio cittadino di cui è massaro Fuscolo con i suoi fratelli e la sua famiglia, e tre altre alderizie, [...]» (dal doc. di donazione di Carlo Magno).
I lavori dell’attuale basilica iniziarono nel 1018 con l’atto di fondazione del vescovo Ildebrando che comunicava al clero e ai fedeli il suo intento, data la rovinosa condizione dell’edificio. Nel documento l’uomo riferisce la presenza dei resti di Miniato, che, però, in realtà erano stati traslati a Mets circa cinquant’anni prima, ed  è per questo ragionevole pensare che le ossa di cui parla il vescovo fiorentino fossero in realtà quelle del primo cimitero cristiano. L’opera terminò circa duecento anni dopo: inizialmente si stabilirono i benedettini, poi i cluniacensi e infine gli olivetani, tuttora presenti.

Edifici annessi alla Chiesa
Sulla sinistra si può intravedere il campanile del XV secolo, ricostruito in virtù di quello caduto nel 1499, ma rimasto incompiuto a causa dell’assedio della città del 1529 quando, su suggerimento di Michelangelo, fu ricoperto di materassi e balle di lana e usato come base per due cannoni contro le truppe di Carlo V. Conclusa la guerra contro la Spagna, la costruzione riprese per terminare nel 1535, anche se la sua forma resta decisamente troppo abbozzata per dare la sensazione di essere stato ultimato. Agli inizi del secolo scorso, vista la sua precaria stabilità, iniziarono i lavori di restauro che terminarono intorno agli anni ’30, quando furono rifatte le quattro campane.
La costruzione si sviluppa, anche, grazie al Palazzo dei Vescovi, le fortificazioni e il cimitero monumentale che ospita le spoglie di numerose personalità fra cui la Cappella di famiglia di Amerigo Vespucci e di Spadolini. La realizzazione del Palazzo, a spese del monsignor Andrea dei Mozzi, vescovo di Firenze, fu completata alla fine del XIII secolo e doveva servire come residenza estiva per i porporati fiorentini; in seguito divenne Convento, Ospedale e Casa dei Gesuiti. Nel 1553 venne usato come caserma per le truppe al servizio di Cosimo I subendo anche molti danni; qualche anno più tardi fu annesso al Convento Benedettino, mentre nel secolo successivo usato come lazzaretto per i malati. Agli inizi del ‘900 iniziarono le opere di restauro che durarono circa una trentina d’anni.
Per quanto riguarda le fortificazioni, queste furono costruite nel XVI secolo quando, per la potenza dei Medici e per la posizione strategica, la zona fu trasformata in fortezza e i monaci furono costretti ad abbandonare il convento. Tornarono solo nel XIX secolo, periodo in cui fu anche costruito il cimitero delle Porte Sante.

da Wikipedia: facciata della chiesa di San Miniato al Monte


La basilica
È uno dei più belli esempi di romanico fiorentino. Si estende su tre navate e su tre livelli, particolarità che rende la chiesa alquanto singolare e quasi unica. Da notare questa ripetitività del numero tre che in Dante assume un valore mistico e che sembra spiegato teologicamente come una dimensione razionalmente organizzata.
Secondo lo storico Carocci esisteva un’altra chiesa dedicata a San Miniato (San Miniato fra le Torri) «che sorgeva in una piazza a lei dedicata ed oggi è scomparsa insieme all’edificio ecclesiastico, entrambi inglobati nell’area delle moderne costruzioni della Posta Centrale. La chiesa, di cui abbiamo notizia documentaria per l’anno 1046, fu forse fondata dal capostipite germanico della nobile famiglia degli Strozzi, di nome Drozze, nel IX secolo. Tale famiglia ne ebbe il patronato per molti secoli, e numerosi suoi consorti vi furono sepolti. Venne soppressa nel 1785 e la cura d’anime annessa a quella di San Michele e Gaetano».
La facciata
Iniziata nel XI secolo, è realizzata con il marmo bianco di Carrara e verde di Prato del XII e XIII secolo ed è divisa in due livelli. La parte inferiore è decorata con cinque arcate a tutto sesto sorrette da colonne in serpentino con basi e capitelli corinzi, richiamo alle basiliche paleocristiane. La parte superiore , oltre allo stesso fregio, ha un mosaico risalente al XII secolo e raffigurante il Cristo in trono benedicente fra la Madonna e San Miniato. Sotto al mosaico possiamo vedere un’edicola, cioè una finestra incorniciata da due colonne sorrette da teste di leone marmoree. I due frontoni laterali sono decorati con figure geometriche che unite fra loro da tarsie di forma romboidale alludono all’opus reticolarum, ossia la tessitura muraria tipica dell’età imperiale. Il frontone superiore riprende il tema della parte inferiore con una serie di nove archi sormontati da una croce e da una candelabre (un motivo ornamentale che raffigura una pianta, di solito il fiore dell’agave, che si sviluppa normalmente in verticale). In cima, al posto della più usuale croce, c’è un’aquila che ricorda l’Arte di Calimala, amministratrice del convento dal 1288. L’intera facciata ha ispirato l’Alberti per quella della Chiesa di Santa Maria Novella, e nell’800 per quelle del Duomo e di Santa Croce.

da Wikipedia: interno della chiesa di San Miniato al Monte
Il piano terra
Il pavimento centrale è fregiato di intarsi in marmo che riproducono segni geometrici e animali simbolici: fra questi spicca la ruota dello zodiaco molto simile a quella del  Battistero. Alle pareti si possono osservare resti di affreschi del XII e del XIII secolo. In fondo possiamo ammirare l’Edicola d’Altare, commissionata da Piero de’ Medici a Michelozzo come custodia del venerato Crocifisso, ora in Santa Trinita: la volta in maiolica è opera di Luca della Robbia, mentre sulla parete centrale si trova una tavola del XIV secolo di Agnolo Gaddi rappresentante San Giovanni Gualberto, San Miniato ed episodi evangelici.
A sinistra troviamo la Cappella di San Giacomo o “del Cardinale del Portogallo”, edificata secondo la tradizione da Antonio Manetti, allievo di Brunelleschi, ma in realtà progettata da Antonio e Bernardo Rossellino (come confermano i pagamenti) per Jacopo di Lusitania, cardinale arcivescovo morto a Firenze il 27 agosto 1459. Vespasiano da Bisiticci, umanista e scrittore del 1400, scrive come fu lo stesso religioso, che sentiva avvicinarsi la fine, a chiedere la sepoltura nella chiesa; l’esecuzione testamentaria fu curata da Àlvaro Afonso, vescovo di Silves, e successivamente dal vescovo di Evora: i soldi dell’arcivescovo coprivano solo in parte le spese per la sepoltura e per questo i parenti si occuparono di pagare tutti i debiti. La volta è decorata con cinque tondi di Luca della Robbia (1461-64) che rappresentano lo Spirito Santo e le virtù cardinali, un dipinto a fresco di Alessio Baldovinetti, una tavola di Antonio e Piero del Pollaiolo (si tratta di una copia mentre l’originale si trova agli Uffizi) e altri affreschi rappresentanti Angeli volanti. Il monumento funebre del Cardinale è opera di Antonio Rossellino.

Telemaco Signorini, Interno di San Miniato, 1861

La cripta
Posta sotto il Presbiterio, vi si arriva attraverso una scalinata centrale dietro l’altare inferiore. È la parte più antica dell’edificio risalente al XI secolo. Nell’altare sono conservate delle ossa attribuite al Santo, anche se sappiamo che il corpo era già stato traslato a Metz prima della costruzione della basilica. Il soffitto presenta archi sorretti dalle 38 colonne che suddividono la cripta in sette piccole navate (tre navate centrali e quattro laterali); su queste volte si possono osservare gli affreschi di Santi e Profeti dipinti da Taddeo Gaddi nel 1341. Le rifiniture delle colonne invece sono di varia fattura e materiali diversi (marmo scanalato, marmo liscio, pietra serena e cotto), mentre sui capitelli sono ancora presenti tracce del color oro; alcune di queste sono di origine romana, probabilmente prese dal Campidoglio. La cancellata è del 1338.
Il piano superiore
Vi si può accedere grazie a due ampie scalinate laterali e vi hanno trovato luogo il presbiterio con il suo pulpito romanico del 1207 e il coro con poltrone di legno intarsiato. Sul soffitto si trova un mosaico raffigurante il Cristo affiancato dalla Madonna e dai santi, molto simile a quello del Battistero. Gli fanno da cornice due quadrati iscritti in un cerchio: all’interno è possibile vedere l’immagine del sole stilizzato circondato dai segni delle costellazioni a rappresentare la congiunzione del cielo con la terra (nella simbologia sacra il cerchio era legato al cosmo, mentre il quadrato significava la terra e anche lo spazio-tempo). Queste immagini sembrano significare la consapevolezza che il cielo e la terra sono collegati e che quello che accade in una dimensione influenza l’altra e viceversa.
A destra si accede alla Sacrestia, completamente ricoperta sulle pareti da affreschi raffiguranti le Sedici storie della leggenda di San Benedetto di Spinello Aretino e commissionata da Benedetto degli Alberti. Sul soffitto, invece, sono dipinti i quattro evangelisti.

di Chiara ed Enzo Sacchetti

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