Alla fine del XIX secolo, con la
proclamazione a Capitale d'Italia, ebbe inizio a Firenze la cosiddetta fase di
"risanamento", una grandiosa operazione urbanistica ad opera dello
stesso Comune che trasformò letteralmente il volto della città, a spese,
purtroppo, del patrimonio artistico, culturale e ambientale.
All'inizio l'intervento di bonifica doveva interessare solo la zona del Mercato Vecchio, rimasta abbandonata con la costruzione dell'attuale Mercato Centrale, e il ghetto ebraico, nel quale ormai però gli ebrei non abitavano più dai tempi dei Lorena e che si trovava in condizioni fatiscenti. Si trattava della zona del centro storico, compreso tra le vie Roma, Calimala, Monalda, Porta Rossa, piazza Strozzi e le vie de' Pescioni e de' Cerretani: l'isolato, un esempio di altissimo valore ambientale esempio di urbanizzazione medievale, si presentava però all'epoca assai degradato e difficilmente vivibile sotto l'aspetto umano e sociale e non mancano, a ragione di ciò, testimonianze dell’epoca in cui viene ben descritta la situazione disagiata in cui si trovava l’area. Oggi raccolti nel libro "Firenze sotterranea", gli importantissimi articoli di Giulio Piccini giornalista de La Nazione conosciuto con lo pseudonimo di Jarro, denunciano lo stato di totale abbandono e degrado di molte zone della nostra città ed i continui atti di delinquenza subìti dagli abitanti: « Chi crederebbe che entro Firenze, città molle e vezzosa che ha per tutto levato grida di miti e dolci costumi, è una Firenze dove stanno in combutta il sicario e il ladro, l’assassino negli intervalli in cui esce dalle galere, e il lenone, il baruffino abietto e atroce; chi crederebbe che v’è una Firenze, dove le catapecchie si ammucchiano e fanno da sé un’orrenda città?».
Qui lo scrittore si riferisce al ghetto, ma la condizione di altri quartieri non era certamente migliore e tanto diversa da questa.
Colonna dell'Abbondanza nell'allora piazza del Mercato Vecchio oggi piazza della Repubblica |
Ma la ristrutturazione di queste
due zone di Firenze fu solo un pretesto per iniziare un'opera di distruzione e
ricostruzione assai più grande che avrebbe interessato molte altre zone della
città e che vide la redazione di numerosi progetti attuativi. Pubblicato sul
quotidiano de La Nazione
nel 1865, e presentato il 20 gennaio del 1866 dal sindaco Luigi de Cambray-Digny, il programma
dell'architetto Poggi per il rinnovamento progressivo delle strutture e del
tessuto urbano, prevedeva una serie di interventi, alcuni dei quali realizzati
e ancora oggi presenti: l'abbattimento delle mura trecentesche, la costruzione
dei viali di circonvallazione di 40 metri di larghezza per il transito snello
delle carrozze, la panoramica passeggiata intorno ai colli sopra l'Oltrarno
fino alla realizzazione dell'attuale Piazzale Michelangelo, i nuovi ponti e i
nuovi quartieri, la sistemazione intorno alla Fortezza; assieme altri
interventi che non videro (aggiungiamo noi fortunatamente) mai la luce.
Firenze e il Vial de Colli dal Piazzale Michelangelo |
Iniziarono così i lavori di ristrutturazione
che costò fra l'altro una cifra esorbitante della quale e dopo il ritorno della
Capitale a Roma, rimasero al comune ben di 30 milioni di lire di debito, con
opere di demolizione e successiva ricostruzione di nuovi edifici costruiti
secondo lo stile del periodo; assieme a queste operazioni iniziarono però anche
ad affiorare, le antiche strutture della scomparsa colonia romana di Florentia e di altre abitazioni più
antiche risalenti a varie fasi della storia urbana di Firenze. Spesso però, nonostante la creazione di una
Commissione Artistica Comunale preposta al controllo e alla difesa del
patrimonio che stava man mano scomparendo, composta dallo stesso Corinti e da
funzionari del Regio Museo Archeologico fra cui Luigi Adriano Milani, o da
uomini di cultura cittadini, come Guido Carocci ed Emiliano Marcucci, molti
reperti mobili ed immobili andarono irrimediabilmente perduti. In molti casi
furono gli stessi cittadini, incuriositi da questi tesori mai visti, ad
avvisare del loro rinvenimento assicurandone se non la tutela almeno la loro
documentazione.
Ma fu proprio con Luigi Adriano
Milani, responsabile del Regio Museo Archeologico, che furono effettuati i
primi saggi scientificamente validi nelle aree di fondazione, mentre alla
Società Colombaria fu affidato il compito di studio e catalogazione delle
antiche vestigia di Firenze. Grazie a questi interventi e vista la consistenza dei numerosi e considerevoli
rinvenimenti, nel 1888 il Comune fu sollecitato a nominare una seconda
commissione, questa volta realmente storico-archeologica, e di cui fece parte
anche l’architetto Corinto Corinti già famoso progettista in ambito fiorentino
che, seppur tra molte difficoltà, si occupò di tutta la documentazione relativa
agli edifici medievali demoliti nel centro storico e degli scavi condotti dal
Milani. Quello che stava emergendo dal sottosuolo era un vero e proprio tesoro
storico, non solo di epoca medievale, ma anche e soprattutto del periodo romano.
Si trattò di una vera e propria gara contro il tempo, tra gli sventramenti
ormai in atto, quella che i tecnici preposti combatterono per documentare nel
miglior modo possibile, tutto ciò che stava venendo alla luce, riuscendo a
sopperire, seppur parzialmente, alla grave situazione che si era creata.
Il Corinti, al termine del suo mandato,
per far conoscere alla cittadinanza quello che era il proprio patrimonio
storico-archeologico nascosto, ebbe la geniale idea, per sopperire alla
mancanza di fondi necessari alla documentazione di realizzare delle
"Cartoline postali", ricavate dai disegni, e che avrebbero riprodotto
i rilievi e le successive ricostruzioni grafiche, di monumenti ed edifici
ritrovati. La restituzione grafica di questi disegni e appunti di rilievo vide
la luce molti anni dopo, tradotta in una sorta di restituzione virtuale “ante
litteram” nella quale si poterono
ammirare, (seppur solo nei disegni), l'antico Teatro romano posto sotto Palazzo Vecchio, le Terme
Capitoline, l'Anfiteatro di piazza dei Peruzzi, il Foro romano di piazza della Repubblica e
addirittura alcune ipotesi planimetriche che descrivevano il tessuto viario
dell’antica città colonia romana di Florentia e le successive fasi urbanistiche
in sovrapposizione storica. Nonostante la mancanza di soldi e la fine
dell'incarico, l'architetto, assieme al direttore del Regio Museo Archeologico
Luigi Adriano Milani continuò, privatamente e con altri fondi, il lavoro di
rilievo e catalogazione dei reperti. Iniziò così l'opera di
"musealizzazione" con l'esposizione della parte della Florentia
romana nel cortiletto chiamato "dei fiorentini" posto all’interno
dell’allora Regio Museo Archeologico Nazionale, con una sorta di campionatura
di reperti, talvolta anche protetti da falsi tempietti ed edicole ancora oggi
visibili e parzialmente visitabili.
di Mario Pagni
di Mario Pagni
Estratto e riassunto da Mario Pagni (a cura di), Atlante archeologico di Firenze. Indagine
storico-archeologica dalla Preistoria all'Alto Medioevo, edizioni
Polistampa, Firenze, 2010.
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