In
un locale situato in via Larga (l’attuale via Cavour, 21) si trovava il Caffé
Michelangelo, un luogo in cui gli artisti dell’800 si riunivano per discutere
d’arte e di politica, quest’ultimo argomento assai diffuso fra gli
intellettuali, vista la situazione italiana; e, proprio in quei locali un
gruppo di artisti, intorno al critico Diego Martelli decisero di creare una
corrente pittorica che uscisse dagli schemi tradizionali, in netta contrapposizione
al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo Accademico, provocando così una
certa diffidenza da parte dell’Accademia di San Marco diretta da Bezzuoli,
chiusa negli schemi scolastici e didattici dell’arte. Si trattava infatti di
una «rivoluzione di notevole portata per le sorti dell’arte moderna, e per il
dialogo proprio in quegli anni intrapreso fra gli italiani, pertinacemente
ancorati al primato del disegno, e gli artisti delle metropoli europee, portati
invece all’esperimento e alla libera espressione dell’incalzante progresso
sociale e dall’irrequieta palestra» (Carlo Sisi, Presentazione, in
Silvia Bietoletti, I Macchiaioli. La storia. Gli artisti. Le opere,
Firenze, Giunti, 2005, p. 7)
Telemaco Signorini, Mercato Vecchio (Firenze), bozzetto |
I
membri del gruppo erano dieci e tutti operanti a Firenze: Serafino De’ Tivoli
di Livorno, Cristiano Banti di Santa Croce sull’Arno, Vito d’Ancona di Pesaro, Giovanni
Fattori di Livorno, Vincenzo Cabianca di Verona, Giuseppe Abbati di Venezia, Odoardo
Borrani,